Corriere della Sera

«Io, cattolico e gay»

L’intervista Il maestro canadese è il successore di Levine, licenziato a New York per le accuse di molestie Nézet-séguin, nuovo direttore del Metropolit­an: omosessual­i nella classica, chi può esca allo scoperto

- Giuseppina Manin

«Volevo fare il Papa». Ora ci sorride su Yannik Nézet-séguin, 43 anni, canadese, nuovo direttore musicale del Metropolit­an di New York, ma un tempo ci ha pensato sul serio di salire sul trono di Pietro. «Sono molto cattolico, da bambino ogni mattina celebravo una mia messa in casa. Mi piaceva il cerimonial­e, mi vedevo bene come pontefice». Ha mirato subito in alto...

«Fare il prete non mi interessav­a, neanche il vescovo o il cardinale. Papa o niente. I miei amici ridevano ma io ci credevo. Ancora oggi, quando muore un Papa qualcuno mi telefona: preparati, adesso tocca a te».

In un certo senso Papa lo è diventato, vicario della musica in terra.

«Quando ho iniziato a cantare nelle corali di Montreal mi sono reso conto che la mia vera vocazione era la musica. Nella musica ho sublimato la mia tensione religiosa. E poi, in un certo senso l’orchestra è una sorta di conclave... Più simpatico e meno pericoloso di quelli vaticani!».

Ride Yannick. In quel modo contagioso e felice che fa di lui uno dei direttori più amati dai musicisti e dal pubblico. Capace di travolgere le platee con l’energia e la passione che trapela da ogni sua interpreta­zione. Applausi travolgent­i hanno salutato i due concerti, alla Scala di Milano per la Croce Rossa, e all’auditorium Manzoni di Bologna per il Festival Grandi interpreti, che l’hanno visto sul podio della Rotterdam Philharmon­ic Orchestra che guida da 10 anni.

«Tornare alla Scala è stata una grande emozione. La mia prima volta è stata nel 2011 con un’opera, Roméo et Juliette di Gounod. Un teatro unico, spero di tornare presto. Anche perché strettamen­te legato alla memoria del mio maestro, Carlo Maria Giulini». Come vi siete conosciuti?

«Lui era il mio mito. Avevo appena iniziato a dirigere, gli scrissi una lettera. Mi rispose dandomi appuntamen­to a Milano. Avevo 22 anni, lui 80. Mi trattò con grande gentilezza, come si fa con un amico. Abbiamo parlato molto di musica, ma la sua vera lezione per me resta il suo atteggiame­nto, quel tratto di semplicità, rispetto e onestà. Merce rara, indispensa­bile per un mestiere come il nostro. Dove stabilire un rapporto di empatia immediata con gli strumentis­ti è essenziale. La musica è emozione, e l’emozione non passa se non c’è confidenza reciproca. Se non c’è amore non c’è musica».

Una sfida che per lei si rinnova su vari podi. Oltre alla Rotterdam, continua a guidare la Metropolit­an di Montreal e la Philadelph­ia Orchestra. E da settembre prenderà le redini del Met di New York.

«Avere a che fare con diverse orchestre è un modo di arricchire il mio lavoro. Nel programma che ora portiamo in tournée accosto la Sinfonia Passione di Haydn alla Quarta di Ciajkovski­j e in mezzo c’è Rachmanino­v, il concerto n.4 per piano e orchestra interpreta­to da Yuja Wang. Un viaggio in mondi diversi».

Lei si presenta come una figura di rottura, fuori dai cliché del direttore tradiziona­le: ama il tennis, ha una tartaruga tatuata sulla spalla,

vive con tre gatti e un compagno ormai ventennale, il violinista Pierre Tourville.

«Non ho mai fatto mistero del mio orientamen­to sessuale. Se ci fossero stati dei problemi non avrei esitato a rinunciare alla carriera. Ho sempre lavorato in ambienti aperti come il Canada e i Paesi Bassi, ma il mondo della musica resta ancora molto conservato­re. Ho visto troppi giovani soffrire, dover nascondere di essere gay, venir discrimina­ti. Qualcuno addirittur­a si è suicidato. E nella America di Trump riaffioran­o troppi pregiudizi. Per questo penso che sia giusto sventolare la bandiera della militanza. Chi può permetters­elo deve uscire allo scoperto. Io voglio fare la mia parte».

Sbarca al Met in un momento difficile, dopo la fuoriuscit­a di Levine accusato di molestie sessuali.

«La caduta degli dei. L’immagine del teatro ne è rimasta segnata, ma che lo scandalo sia venuto fuori è un bene.

d Ho il dono della fede, da piccolo volevo fare il Papa e celebravo una mia messa ogni mattina

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Il mio predecesso­re faceva parte di una generazion­e di leader che aveva un potere illimitato, poteva permetters­i di sfasciare una sedia in diretta o di scaraventa­re un violino

Bisogna trovare il coraggio di parlare. Violenze e abusi accadono ovunque, nel cinema, nella musica, nella finanza, nella politica. Per troppi anni si sono tacitament­e accettati. Il fatto che qualcuno abbia iniziato a denunciarl­i è la fine di un’omertà orribile. Il mondo sta cambiando e per fortuna cambia anche il ruolo del direttore d’orchestra. Levine faceva parte di un generazion­e di leader che avevano potere illimitato, di vita e di morte su tutti. Poteva permetters­i di sfasciare una sedia in diretta o di scaraventa­re via un violino. Oggi l’autorevole­zza di un direttore si misura su altro, per prima cosa bisogna guadagnars­i il rispetto di chi ti sta davanti». Il suo arrivo ha tutta l’aria di una svolta generazion­ale.

«Il Met è un teatro di livello molto alto. Per mantenerlo bisogna rinnovarlo. Voglio allargare il repertorio, più opera barocca, più nuove creazioni contempora­nee. E il verismo italiano merita di essere approfondi­to. Oggi il Met è troppo “ufficiale”, vorrei aprirlo ai newyorkesi, farlo uscire dalla sua sede e portarlo in altri spazi. Oltre che in tournée per il mondo».

 ??  ?? Sul podioIl direttore d’orchestra canadese Yannick Nézet-séguin è nato a Montréal il 6 marzo 1975. È il nuovo direttore musicale (ufficialme­nte da settembre) del Metropolit­an di New York. Inoltre guida la Rotterdam Philharmon­ic Orchestra (da 10 anni), la Metropolit­an di Montreal e la Philadelph­ia Orchestra
Sul podioIl direttore d’orchestra canadese Yannick Nézet-séguin è nato a Montréal il 6 marzo 1975. È il nuovo direttore musicale (ufficialme­nte da settembre) del Metropolit­an di New York. Inoltre guida la Rotterdam Philharmon­ic Orchestra (da 10 anni), la Metropolit­an di Montreal e la Philadelph­ia Orchestra

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