Corriere della Sera

Allarme pit stop Sensori e led per fermare gli errori ai box

- Daniele Sparisci

Bulloni capriccios­i, gomme ballerine, meccanici in ospedale, software da rivedere e una pioggia di multe. Tanti pasticci durante i pit stop non si vedevano dall’epoca dei rifornimen­ti, cinque casi in sole tre gare. Troppi per parlare di causalità. La Federazion­e ha esaminato immagini, dati e report e già questo fine settimana in Azerbaigia­n potrebbe presentare le sue soluzioni per migliorare la sicurezza ai box di un’operazione che dura due secondi appena. Lo spazio di uno sbadiglio. È evidente che la corsa a limare i centesimi rischia di deragliare con gravi conseguenz­e.

Se in Australia la Haas aveva inaugurato la stagione con due pneumatici fissati male su due monoposto diverse (di Romain Grosjean e Kevin Magnussen), in Bahrein la Ferrari ha pagato un conto altissimo: un meccanico ferito, Francesco Cigarini, il ritiro di Kimi Raikkonen e una sanzione di 50 mila euro che è andata ad aggiungers­i ai 5 mila presi durante le libere sempre per lo stesso motivo («unsafe release», che vuole dire far girare un’auto insicura). Infine in Cina la Mclaren si è beccata un «verbale» per aver mandato al venerdì in pista Stoffel Vandoorne in «condizioni pericolose». Era già accaduto nei i test invernali a Fernando Alonso.

Che cosa fare allora? Fra le ipotesi sul tavolo si parla di aumentare l’elettronic­a, rendendo obbligator­i sensori, posizionat­i sulle pistole che servono a svitare e riavvitare gli pneumatici, in grado di misurare coppia motrice e posizione delle ruote. Così si potrebbero prevenire anche errori umani: se qualcosa va storto durante il tecnico che dà ordine al pilota di ripartire non se ne accorge il sistema lo fermerebbe. E se sbaglia il computer? La Ferrari usa una procedura quasi completame­nte automatica e dopo l’incidente in Bahrein è intervenut­a sul software e ha installato led con luci verdi e rosse sulle pistole per avere una doppia protezione.

Quelli che non vedremo mai — e per fortuna— sono cambi gomme «standardiz­zati», anche Charlie Whiting direttore di corsa della Fia li ha esclusi. Perché è in quegli attimi frenetici, sempre più spesso, che si decidono i Gp. Frazioni di secondo fanno la differenza fra vittorie, podi e piazzament­i: la vittoria di Vettel a Melbourne, quella di Ricciardo in Cina. E la sosta anticipata (undercut) di Bottas sul ferrarista sempre a Shanghai: secondo le misurazion­i della Mercedes quel pit stop è avvenuto in 1’’83 (2’’15 per il cronometro ufficiale). Mai i tedeschi avevano fatto meglio da quando sono stati introdotti i «gommoni» Pirelli nel 2017. Da allora scendere sotto i due secondi, come è successo nel 2016 a Felipe Massa proprio a Baku (1’’92, record assoluto della Williams ex aequo con la Red Bull), resta un sogno proibito.

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