«Nessuno vuole l’alleanza» Il sondaggio tra il pubblico mentre va in onda lo spot
Il ritorno in tv e i consigli di Agnese per collegarsi al «Paese reale» L’uscita gela i dem dialoganti . La mano tesa a Berlusconi
ROMA Negli studi di Che tempo che fa Matteo Renzi arriva con un’ora di anticipo e subito si infila nel camerino di Eusebio Di Francesco, l’allenatore della Roma che mercoledì nella Capitale incontrerà il Liverpool. Qualche battuta sulla sfida quasi impossibile che attende i giallorossi e via, l’ex premier riappare sul piccolo schermo dopo 58 giorni di latitanza. Un tempo che, per il teorico dello storytelling, equivale a un’era geologica.
Renzi torna e si riprende la scena, relegando sullo sfondo del dibattito politico i teorici dell’apertura ai 5 Stelle, da Maurizio Martina a Dario Franceschini. L’ultima volta gli italiani lo avevano visto nel salotto di Bruno Vespa, due giorni prima della storica sconfitta del 4 marzo. E ieri, finita la lunga reclusione fiorentina, il senatore di Scandicci ha scelto Fabio Fazio per mettere la pietra tombale su ogni ipotesi di intesa con gli arcinemici. E per collaudare il «nuovo» Renzi, di lotta e non più di governo.
Sorridente, un filo emozionato e poi disteso, meno aggressivo e fintamente generoso con gli avversari politici («Di Maio ha preso il 32%, bravo»), Renzi in camicia immacolata e giacca aperta blu esordisce con una battuta: «Il titolo di domani? Sarà sulla Littizzetto». E al primo stacco pubblicitario improvvisa un sondaggio. Fa aprire il microfono e interpella il pubblico: «Quanti di voi hanno votato il Pd?». Si alzano una cinquantina di mani. «E quanti di voi vogliono un accordo con il M5S?». Si alzano solo quattro mani. Nell’ultima domanda c’è la proposta che Renzi farà alle forze politiche: «Quanti di voi vogliono un governo per le riforme?». E qui le mani alzate sono più di trenta.
Settimane di tormenti, partenze e dietrofront, ma ora l’ex segretario sembra avere le idee più chiare. «Non voterò mai la fiducia a un governo Di Maio», è la sintesi che ha confidato agli amici. D’altronde anche in diretta tv Renzi ha fatto di conto, per dimostrare che senza i suoi parlamentari nessun esecutivo giallorosso potrebbe mai partire. E qui il messaggio, piuttosto acido, è anche per gli avversari interni, ai quali il leader di oltre mezzo partito rinfaccia più volte la presunta voglia di poltrone. L’intento è rappresentare un Pd di principi e valori che non farà giochi di palazzo (il suo) e un Pd di posti e di potere, quello di Franceschini e dei ministri dialoganti.
Le parole di Renzi da Fazio, per quanto pronunciate senza gli accenti urticanti di un tempo, hanno gelato le minoranze e il fronte aperturista. Tirando una bomba sul dialogo l’ex segretario ha sminato la direzione del 3 maggio, rendendola pressoché inutile. Come dice a sera Matteo Orfini, sollevato e contento A Firenze Matteo Renzi, senatore del Pd, ieri si è prestato a fare da guida ad alcuni turisti in centro perché il suo leader ha attestato il Pd sulla linea dell’intransigenza, «la maggioranza dei dem è per il “sediamoci al tavolo e bocciamo il governo”».
Tre le strade che Renzi si tiene aperte. La prima è quella dell’opposizione, del «non abbiamo paura, ripartiamo da zero». Renzi con questa mossa rimette il cerino in mano agli avversari e pensa che la traversata nel deserto, cominciando dalle scuole e dalle periferie, sia la via più breve e più sicura per ricostruire il partito e la sua personale leadership: giorno dopo giorno, andando allo scontro aperto con i vincitori delle elezioni e sperando che si mettano d’accordo per dare un governo al Paese.
La seconda strada è il governissimo, dove lui tornerebbe a dare le carte per andare alle urne dopo due anni al massimo, rafforzato da una trattativa sulle regole del gioco che, Renzi ne è convinto, logorerebbe Di Maio e Salvini. «Un colpo da maestro» plaudono i dirigenti renziani, che approvano il tentativo di riconciliarsi con il Quirinale e la mano tesa a Silvio Berlusconi, il quale notoriamente tifa per un governo del presidente. La terza strada è il voto anticipato, il «gigantesco schiaffo ai cittadini» che si troverebbero di fronte al fallimento dei vincitori. L’intento di logorare gli avversari è evidente nell’idea dello streaming, per sottoporre i 5 Stelle alla terapia d’urto che nel 2013 Beppe Grillo riservò a Pier Luigi Bersani, uscito a pezzi dal confronto.
Renzi si era convinto che trovare un’intesa fosse cosa buona e giusta, per il Pd e per il Paese. Ma poi le mosse di Franceschini e Martina, che l’ex premier ha giudicato una «incredibile fuga in avanti», lo hanno convinto a innescare la marcia indietro. «Per ora è così, poi si vede» ha confidato il senatore ai collaboratori, in attesa di vedere come si muoveranno Franceschini e gli altri.
Dietro la nuova linea di Renzi, che punta a ricollegarsi con il «Paese reale», ci sono anche i consigli della moglie. Agnese com’è noto è insegnante, e per «Matteo» è un termometro attendibile della temperatura della società.
Le due linee
Sul possibile dialogo Renzi non ha gradito le «fughe in avanti» di Franceschini e Martina