«Infelice per i miei 104 anni Sto bene, ma voglio morire»
Lo scienziato che sceglie l’eutanasia in Svizzera
Chi è
● David Goodall è nato a Londra il 4 aprile del 1914. Dopo gli studi di botanica in Inghilterra, nel 1948 si trasferisce in Australia e inizia una carriera accademica che lo porterà ad assumere incarichi in molti atenei del mondo anglosassone
● A 104 anni è il più anziano scienziato dell’oceania, e ha deciso che vuole finire i suoi giorni in Svizzera con il suicidio assistito
● Lo Stato australiano di Vittoria l’anno scorso ha deciso di rendere legale l’eutanasia dal giugno 2019 ma solo per i malati terminali capaci di intendere e volere con un’aspettativa di vita minore di sei mesi
David Goodall cammina curvo, come se il peso dei suoi anni gli tenesse giù la schiena. Lo si vede mentre soffia sui numeri a forma di candeline: 104, tante quante sono le primavere che ha vissuto, gran parte delle quali da docente di Scienze. È un botanico ecologista, il più vecchio scienziato vivente d’australia, anche se la sua vita cominciò a Londra, dove nacque il 4 aprile del 1914.
Le telecamere della Abc Australia lo seguono mentre si muove per casa, con fatica. Molta fatica. L’happy birthday cantato da figlia e nipoti finisce in fretta e lui attacca a parlare: «Preferirei avere 20-30 anni di meno. Non sono felice. Voglio morire. Se uno sceglie di uccidersi dovrebbe essere abbastanza onesto con se stesso. E penso che nessun altro dovrebbe interferire».
Il video è stato girato il giorno del suo compleanno, appunto. E non diceva così per dire, il professore. Lui ha scelto di morire davvero. Nei prossimi giorni partirà dalla sua casa australiana di Perth per andare in Svizzera, a Basilea. Destinazione: l’associazione per il suicidio assistito Life Circle.
«Mi dispiace profondamente aver raggiunto la mia età» sono le parole scelte per spiegare al mondo le sue intenzioni e i suoi motivi. Non ha malattie gravi e incurabili, nessun medico gli ha detto che gli restano pochi mesi di vita. Semplicemente sente il suo tempo finito, è la sua vecchiaia la «malattia incurabile» che lo ha convinto a scegliere la morte. «Voglio morire e non è particolarmente triste» ha spiegato lui stesso. «La cosa triste è evitare di farlo. La mia sensazione è che una persona anziana come me deve poter beneficiare dei suoi pieni diritti come cittadino, compreso il diritto al sui- cidio assistito».
Fra i suoi documenti il professor Goodall — laurea honoris causa all’università di Trieste nel 1990 — porterà anche la tessera di iscrizione ad Exit, l’associazione internazionale di assistenza al suicidio. È la numero 1.848 e lui è l’iscritto da più tempo di ogni altro al mondo. È a loro che ha chiesto aiuto per organizzare il trasferimento in Svizzera. Aveva comprato un biglietto in economy ma Carol O’neil, l’amica di Exit che lo accompagnerà ha lanciato una campagna di raccolta fondi per comprargli invece un biglietto in business class. Nel giro di pochi giorni ha raccolto 13 mila dollari e il prof si è convinto: per la prima volta, l’unica e l’ultima della sua vita, viaggerà comodo.
Karen, sua figlia, dice che «ha vissuto 104 anni davvero bellissimi», sa che se lui ha deciso niente gli farà cambiare idea e non proverà a ostacolarlo in alcun modo: «La scelta sarà soltanto sua» conferma nel filmato della Abc Australia.
Una vita «bellissima», in effetti. Quando il giovane David arrivò in Australia per cominciare la sua carriera universitaria, a Melbourne, era il 1948. Ma è stato un accademico anche in Inghilterra e negli Stati Uniti, amatissimo dai suoi studenti ed esperto come pochi altri di ecologia. Riconoscimenti, premi, pubblicazioni. È lui l’autore di una serie di trenta volumi sugli Ecosistemi del mondo, opera pubblicata dopo la pensione che arrivò nel 1979.
Pensione si fa per dire. Perché il professor Goodall in realtà ha sempre continuato a lavorare come ricercatore onorario dell’università di Perth. Finché due anni fa, a 102 anni, un bel giorno fu dichiarato «non più idoneo» a quell’incarico e buttato fuori dall’ufficio. La sua storia conquistò le prime pagine dei giornali ma alla fine lui riottenne il posto. Si disse poi «depresso» per quel trattamento: «Spero che il mio caso sia da esempio e che le persone possano essere attive anche se hanno un’età avanzata». Due anni dopo quell’energia è esaurita. Di quell’«essere attivo» è rimasta appena la forza di trascinarsi con l’aiuto di un carrellino da una stanza all’altra, la lucidità per capire che è finita e il coraggio di andare incontro alla morte. In classe business.