Trump convocato per il Russiagate: userò i miei poteri
«Un sistema truccato. Non vogliono consegnare documenti al Congresso. Di cosa hanno paura? Perché così tanti omissis? Perché questa “giustizia” iniqua? Ad un certo punto non avrò altra scelta che usare i poteri garantiti alla presidenza ed essere coinvolto!»: il presidente Donald Trump twitta il suo sdegno per il caso Russiagate e minaccia di usare i poteri presidenziali. Nel mirino quindi c’è sempre il vice attorney general Rod Rosenstein, da cui dipende il superprocuratore del Russiagate Robert Mueller. E proprio con quest’ultimo, si inasprisce lo scontro con Trump. Il procuratore sta valutando la possibilità di un mandato di comparizione per il presidente.
WASHINGTON La Casa Bianca rafforza ancora le difese sul Russiagate. Come sempre Donald Trump detta toni e contenuti della giornata, via Twitter. Per la prima volta minaccia di «usare i poteri presidenziali». La rabbia del presidente si accende sulla lista delle 44 domande pubblicate lunedì 30 aprile dal New York Times. Secondo il quotidiano sarebbero quelli i quesiti che il super procuratore Robert Mueller vuole rivolgere al leader americano, ripercorrendo i passaggi fondamentali dell’indagine. Dai contatti con i russi attivati dall’ex consigliere per la sicurezza nazionale, Micheal Flynn, fino allo scontro tra Trump e il direttore dell’fbi, James Comey.
«The Donald» prima commenta: «Non c’è mai stata collusione, (è una bufala), e non c’è stata ostruzione della giustizia». Poi avverte: «È un sistema corrotto. Perché non consegnano i documenti al Congresso? Di che cosa hanno paura? A un certo punto non avrò altra scelta se non quella di usare i poteri garantiti al presidente e scendere in pista!». Trump non chiarisce direttamente, ma pubblica, invece, un messaggio dell’ex procuratore federale Joe Digenova: «Queste domande rappresentano un’intrusione nei poteri del presidente previsti dall’articolo 2 della Costituzione che consentono di licenziare qualsiasi dipendente dell’amministrazione». Compresi, dunque, i vertici del ministero della Giustizia.
Secondo il Washington Post Mueller starebbe pensando di convocare Trump con un provvedimento obbligatorio, davanti a un Gran Giurì. Un’eventualità che ha già aperto un complicato dibattito giuridico sulle prerogative costituzionali del presidente.
In realtà i segnali sono contraddittori. Rudy Giuliani, appena assunto da Trump per occuparsi del dossier, continua a negoziare con il procuratore per concordare una testimonianza breve. «Saremmo propensi a consentire a Mueller di ascoltare il presidente», ha detto l’ex sindaco di New York a Bloomberg, precisando poi, secondo quanto riferisce ancora il Washington Post che la testimonianza potrebbe durare «due-tre ore al massimo» .
Nello stesso tempo, però, viene modificata la composizione del team legale. Fuori l’avvocato Ty Cobb, 67 anni, fautore di una linea di confronto con gli investigatori. Dentro Emmet Flood, 62 anni, nato a Chicago, studio a Washington. Il nuovo arrivato è una figura conosciuta negli ambienti politici della capitale. È stato consigliere di George W. Bush per due anni, ma soprattutto ha assistito Bill Clinton, nella procedura di impeachment davanti al Senato, nel 1999.