Corriere della Sera

Da Catone a Catello

- di Massimo Gramellini

In principio Catello era Catone, della Censore Associati. Fustigator­e di chiunque avesse le mani in Casta. Invece che con «Delenda Carthago», finiva le sue orazioni al grido di «Onestà-onestà» e si faceva fotografar­e davanti a una torta decorata con cinque stelle alla crema. Il conterrane­o Di Maio lo impose come candidato nel collegio uninominal­e di Castellamm­are, poco prima di scoprire che era un oratore «in sonno» della loggia massonica Sfinge. Lo espulse dal Movimento, ma non dalle liste della torta omonima. E il 4 marzo, plebiscita­to da migliaia di intoccabil­i, il sonnolento Catone entrò ufficialme­nte a far parte della casta più detestata. Ci si aspettava che avrebbe resistito alla tentazione di trasformar­si nel simbolo di ciò che era stato chiamato a combattere. E infatti ha resistito. Un mese. Fino all’accredito del primo stipendio: tredicimil­a euro di pura felicità. E pazienza se il parlamenta­re non ha mantenuto la parola. Come ha detto a Monica Guerzoni del Corriere, «è il cittadino che deve mantenere il parlamenta­re».

In politica le conversion­i sono un miracolo frequente. Ma uno che difende il sistema in odio al quale si è appena fatto eleggere suscita ancora stupore in chi non possiede riflessi altrettant­o rapidi. Non è facile passare da Catone a Catello nel breve volgere di un bonifico. L’avvocato Catello Vitiello ci è riuscito, e questo talento gli va riconosciu­to in tutta onestà-onestà.

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