Da Catone a Catello
In principio Catello era Catone, della Censore Associati. Fustigatore di chiunque avesse le mani in Casta. Invece che con «Delenda Carthago», finiva le sue orazioni al grido di «Onestà-onestà» e si faceva fotografare davanti a una torta decorata con cinque stelle alla crema. Il conterraneo Di Maio lo impose come candidato nel collegio uninominale di Castellammare, poco prima di scoprire che era un oratore «in sonno» della loggia massonica Sfinge. Lo espulse dal Movimento, ma non dalle liste della torta omonima. E il 4 marzo, plebiscitato da migliaia di intoccabili, il sonnolento Catone entrò ufficialmente a far parte della casta più detestata. Ci si aspettava che avrebbe resistito alla tentazione di trasformarsi nel simbolo di ciò che era stato chiamato a combattere. E infatti ha resistito. Un mese. Fino all’accredito del primo stipendio: tredicimila euro di pura felicità. E pazienza se il parlamentare non ha mantenuto la parola. Come ha detto a Monica Guerzoni del Corriere, «è il cittadino che deve mantenere il parlamentare».
In politica le conversioni sono un miracolo frequente. Ma uno che difende il sistema in odio al quale si è appena fatto eleggere suscita ancora stupore in chi non possiede riflessi altrettanto rapidi. Non è facile passare da Catone a Catello nel breve volgere di un bonifico. L’avvocato Catello Vitiello ci è riuscito, e questo talento gli va riconosciuto in tutta onestà-onestà.