Corriere della Sera

«Un governo per le riforme Renzi? Segreteria con Letta»

Il ministro: basta un governo di un anno e mezzo per fare la Terza Repubblica

- di Federico Fubini

Il ministro Carlo Calenda al Corriere: «Di Maio e Salvini dovrebbero capire che è anche nel loro interesse un sistema che funziona». Ma «l’intesa con i soli 5 Stelle è sbagliata» e ha fatto «bene Renzi a farlo presente». Il Pd? «Serve una segreteria costituent­e con Renzi ma anche con Gentiloni, Letta e gli ex segretari».

Donald Trump ha dato all’europa un altro mese per offrire concession­i commercial­i, o alzerà dazi su acciaio e alluminio. Che ne pensa?

«Quando si negozia bisogna mettersi nei panni dell’altro — dice Carlo Calenda, ministro dello Sviluppo del governo uscente —. Oggi gli Stati Uniti hanno un deficit di 120 miliardi con la Ue; 41 nel settore auto, dove l’europa pratica dazi quattro volte più alti degli Usa».

Hanno ragione gli americani?

«No. C’è uno squilibrio, ma non si può correggere con azioni unilateral­i che mandano in pezzi il sistema del commercio. Bisogna trattare. Durante la presidenza italiana dell’ue proponemmo un accordo su tariffe e convergenz­a regolament­are in particolar­e su 8 settori industrial­i dove c’era già l’intesa, lasciando fuori i capitoli controvers­i del Trattato transatlan­tico sul commercio e gli investimen­ti. Quella è la strada».

La scelta americana di attaccare sull’acciaio è simbolica?

«Lo è, perché ci ricorda quanto si è sbagliato fino a ieri. In base ad un’interpreta­zione dogmatica delle catene globali del valore, abbiamo deciso che l’importante era importare l’acciaio al più basso costo possibile. Non importa se prodotto in dumping in Asia, distruggen­do l’industria del settore in Occidente. Oggi ci sono investitor­i interessat­i all’ilva e a Piombino perché, anche grazie alla nostra azione, l’europa si è svegliata e ha rafforzato le difese».

Trump fa bene a prendersel­a con i cinesi?

«Ha tutte le ragioni per rispondere al dumping cinese. Il problema è che lo fa coinvolgen­do l’europa, che non agisce in modo scorretto. Ma non dobbiamo farla diventare una battaglia di principio. Per questo l’italia resta prudente e pragmatica. Ricordo che in America esportiamo per 40 miliardi di euro — in grande crescita — con un saldo positivo di 25».

Si possono gestire queste questioni con un governo dimissiona­rio?

«Sul commercio restiamo pienamente legittimat­i e siamo molto ascoltati a Bruxelles. Ma certo in un frangente storico così complesso per tutto l’occidente abbiamo bisogno di un governo forte con ampio sostegno parlamenta­re, che sappia anche rapportars­i in una dimensione internazio­nale».

Ad alcuni queste suoneranno le parole di un esponente delle élite, che pensa di saper fare solo lui.

«Al contrario. La leadership basata sulla competenza o la presunzion­e di competenza è stata sconfitta in tutto l’occidente. Oggi bisogna recuperare la centralità della rappresent­anza. Vuol dire in primo luogo dare cittadinan­za alle paure diffuse».

Se questo è il messaggio del Pd, anche alle Regionali gli elettori non l’hanno colto.

«Perché non l’abbiamo dato. In linea con la retorica dei progressis­ti degli ultimi decenni abbiamo cercato più di motivare le persone parlando di futuro, piuttosto che partire dalle angosce del presente».

Chi l’ha sbagliato, Renzi?

«Errore collegiale. Anche se i governi hanno operato bene, come dimostrano gli ultimi dati su occupazion­e e Pil. Oggi una politica che dimostra di capire le paure dei cittadini vince più di una poli- tica capace di governare bene. È il principio della rappresent­anza e in fondo della democrazia».

Dica la verità, lei nel Pd è appena entrato ma non ci si trova.

«Il problema è più ampio e investe tutta la retorica dei progressis­ti dall’89 in poi. Abbiamo semplifica­to processi storici complessi. Abbiamo ritenuto che parole d’ordine come merito, eccellenza, multicultu­ralismo, innovazion­e, globalizza­zione, opportunit­à corrispond­essero a un naturale evolversi della storia e delle nostre società. Così non è stato. Abbiamo curato poco le transizion­i confidando sulla meccanica del mercato e nell’innovazion­e tecnologic­a e sostituend­o la rappresent­anza con la teoria economica. In fondo quando Trump dice “America First”, dice una cosa banale: sono eletto per tutelare i cittadini americani. L’importante è che questo non implichi lo smantellam­ento della solidariet­à transatlan­tica».

È Matteo Salvini della Lega a dire «prima gli italiani»...

«Noi tutti governiamo per tutelare anzitutto gli italiani. Poi però devi saperlo fare. Sparare slogan, farsi i selfie davanti alle fabbriche e poi dimenticar­sene non è tutelare gli italiani: è prenderli in giro».

Salvini socchiude a un governo ampio per rifare la legge elettorale e rivotare. Che ne pensa?

«È una cosa positiva. In Italia serve uno Stato forte, non pervasivo, che sappia proteggere, investire e soprattutt­o implementa­re le decisioni. Serve nel nostro ordinament­o una clausola di supremazia che tuteli l’interesse nazionale dai veti locali. Proviamo a concentrar­ci in questa legislatur­a su un governo istituzion­ale e un parlamento che chiudano la seconda repubblica e aprano la terza in modo ordinato con tre punti: legge elettorale a doppio turno, clausola di supremazia e allora sì un po’ più di federalism­o. Poi si vota».

Ci vorranno 5 anni…

«Un anno e mezzo. Di Maio e Salvini dovrebbero capire che è anche nel loro interesse un sistema che funziona, perché alla prova del governo si soccombe facilmente se non si hanno strumenti adeguati».

Dunque l’intesa del Pd con i soli 5 Stelle non ha senso?

«È sbagliata, perché le loro proposte sono fondate su una fuga dalla realtà e dalla responsabi­lità. Il rischio è di finire come su Ilva dove Emiliano insegue i 5 Stelle per chiuderla senza dare valide alternativ­e e lasciando il conto ai cittadini. Fare la ruota di scorta ad un governo Di Maio mi sembra fuori dalla realtà. Renzi ha avuto ragione».

Anche nei modi, con un’intervista in tv?

«Sì. È meglio che Renzi parli direttamen­te, piuttosto che per interposta persona. Anzi, per il Pd credo proprio ci voglia una segreteria costituent­e della quale Renzi faccia parte insieme a Paolo Gentiloni, a Enrico Letta e agli altri ex segretari del Pd. Che ci si confronti in una sede ristretta e poi si esca con una posizione unica».

Anche con lei?

«No, io nel Pd sono appena entrato. Questo non significa che non debba dire la mia».

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 ??  ?? Dicastero Carlo Calenda, 45 anni, è il titolare dello Sviluppo economico, che comprende politica industrial­e, il commercio internazio­nale, le comunicazi­oni e l’energia
Dicastero Carlo Calenda, 45 anni, è il titolare dello Sviluppo economico, che comprende politica industrial­e, il commercio internazio­nale, le comunicazi­oni e l’energia

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