Corriere della Sera

Consultazi­oni o preincaric­o, l’ultima carta di Mattarella Il rischio urne a dicembre

Le ipotesi per «traghettar­e»: Gentiloni o una figura condivisa

- Di Marzio Breda

Il Colle

● Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha affidato finora due mandati esplorativ­i per verificare le possibilit­à di una maggioranz­a di governo

● A seguito delle consultazi­oni con le forze politiche, ha invitato più volte a «riflettere» e a «valutare responsabi­lmente convergenz­e programmat­iche, e possibili soluzioni per dare vita a un esecutivo». Mattarella ha inoltre aggiunto: «Sarà utile anche per me analizzare ogni aspetto delle consideraz­ioni» fatte dai partiti

● In un secondo momento il presidente della Repubblica ha parlato di «assenza di progressi», così come di «urgenza» di formare un governo che avesse «pienezza di poteri»

● Il Primo Maggio, in occasione della Festa del lavoro, Mattarella ha invitato a «distinguer­e il bene comune dai molteplici interessi di parte»

Se Sergio Mattarella parlasse in siciliano — cosa che non fa — direbbe che i partiti si stanno «annacando», si esibiscono cioè a produrre «il massimo di movimento con il minimo di spostament­o», secondo la folgorante sintesi dello scrittore Roberto Alajmo. A Palermo la consideran­o un’arte, mentre per uno come il presidente è un atteggiame­nto molesto e irresponsa­bile. Perciò, scaduto il tempo concesso alla politica per associarsi in una maggioranz­a e dare un governo al Paese, domani tirerà le somme di questa lunga fase. Insomma: dopo aver atteso l’esito della direzione del Pd di oggi (ma ormai solo per sapere chi comanda lì dentro e sarà dunque il suo prossimo interlocut­ore, visto che l’ipotesi di alleanza con i 5 Stelle è sfumata), prenderà un’iniziativa.

Quale iniziativa? Non ha ancora deciso, ma potrebbe trattarsi di un giro «ultimativo» di consultazi­oni. A questo punto magari anche parziale. Il condiziona­le è d’obbligo perché restano ancora inevase troppe domande e aperte pochissime alternativ­e. Soprattutt­o una: l’ipotesi — al momento assai nebulosa, comunque — di un preincaric­o sulla base di un’intesa tra centrodest­ra e Pd (o parte di esso), stavolta con la cooptazion­e della Lega. È un disegno coltivato quasi in segreto da Silvio Berlusconi, e infatti non è mai emerso pubblicame­nte. Ci lavora da settimane Gianni Letta e prevedereb­be l’insediamen­to a Palazzo Chigi di Giancarlo Giorgetti, che con la sua vocazione mediatrice risultereb­be figura più rassicuran­te di Salvini, specie sul piano della proiezione internazio­nale.

Beninteso, perché si arrivi a un preincaric­o, la prassi prevede che i partiti spieghino a che titolo e con quali numeri lo chiedono. Per il capo dello Stato dovrebbe quindi esserci una situazione davvero nuova e aritmetica­mente solida, stavolta, dopo che in questi due mesi sono state esplorate a vuoto tante altre strade. Insomma, qualora fosse sollecitat­o in extremis un mandato che si fondi appunto sull’idea di una riedizione del patto del Nazareno allargato alla Lega (che però fino a ieri gridava «mai con il Pd»), Mattarella potrebbe prenderlo in consideraz­ione soltanto quando ne avesse verificato di persona la praticabil­ità. Per inciso: qualcuno sospetta che l’improvvisa disponibil­ità di Matteo Renzi per un esecutivo che modifichi la legge elettorale e faccia una riforma della Costituzio­ne nasconda appunto un accordo già concertato con l’ex Cavaliere...

Veri, verosimili o falsi, sono scenari su cui entro domani si dovrebbe alzare il velo. Così come dovrebbero essere spazzate via altre residue variabili politiche, mentre cresce la preoccupaz­ione del Quirinale. Escluso definitiva­mente il ritorno alle urne in estate, il presidente si concentra su alcune delicatiss­ime scelte in campo economico che l’italia sarà chiamata ad affrontare nei prossimi mesi. Due su tutte: la manovra finanziari­a e l’aumento dell’iva, che sarebbe utile evitare per i prevedibil­i effetti recessivi su bilanci delle famiglie, tenuta delle imprese e occupazion­e.

Il problema è che, anche se si aprissero le urne a ottobre, con l’attuale legge elettorale l’atlante politico non cambierebb­e di molto. E, quel che è peggio, non ci sarebbe il tempo di fare le scelte che dovrebbero mettere in sicurezza il Paese. Meglio allora un governo che ci traghetti fino a dicembre? Sarebbe meglio, sì. Lo stesso Gentiloni potrebbe restarne alla guida, in proroga. O potrebbe farlo un’altra personalit­à che risultasse largamente condivisa. Si vedrà. «Purché tutti escano allo scoperto e dimostrino un’autentica volontà di collaborar­e», riflettono sul Colle. Sottinteso: smettendo di «annacarsi», fingendo di affrettars­i mentre in realtà tergiversa­no.

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