Corriere della Sera

I sondaggist­i e il crollo in Friuli Venezia Giulia: segnale al Movimento, attenti al voto locale

«No degli elettori alla politica dei due forni»

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ROMA Un campanello d’allarme? «Più che di campanello parlerei di vera e propria sirena», risponde Enzo Risso, direttore scientific­o di Swg, istituto di ricerche e sondaggi.

Le elezioni per il presidente del Friuli Venezia Giulia hanno segnato il crollo del Movimento Cinque Stelle. La lista si è fermata al 7%, meno di un terzo rispetto ai voti raccolti due mesi fa alle Politiche. «È vero che si tratta di un risultato locale ma è altrettant­o vero che ha una valenza nazionale», osserva Marco Valbruzzi, autore del documento con cui l’istituto Cattaneo ha analizzato il voto di domenica scorsa. Non un caso, secondo i sondaggist­i, ma un segnale.

Un segnale di cosa? «La strategia dei due forni scelta da Luigi Di Maio non ha pagato e molti elettori del Movimento Cinque Stelle hanno perso entusiasmo e sono rimasti a casa», dice ancora Valbruzzi, curatore de Il vicolo cieco, libro in uscita per il Mulino che scava nei risultati delle elezioni politiche di due mesi fa. Un paio di numeri per capire le dimensioni di un fenomeno venuto a galla domenica in una Regione, ma probabilme­nte in atto anche nel resto del Paese.

Secondo Swg, in Friuli Venezia Giulia, il 59% degli elettori che due mesi fa aveva votato Movimento Cinque Stelle domenica scorsa è rimasto a casa. Astensione. Una tendenza quasi doppia rispetto al Molise, dove gli elettori rimasti a casa erano stati il 37%. È vero che il Movimento Cinque Stelle ha sempre faticato di più nelle elezioni locali rispetto a quelle nazionali, dove lo spirito dell’anti casta funziona meglio. «Hanno un radicament­o territoria­le meno forte, faticano a trovare candidati credibili», dice ancora Valbruzzi.

Ma sono dettagli che non cambiano la sostanza. «Le rilevazion­i che stiamo facendo in questi giorni — racconta Risso, per Swg — dicono che il Movimento Cinque Stelle sta perdendo uno o due punti rispetto al picco toccato nei primi giorni dopo il 4 marzo. Siamo tornati di fatto sugli stessi livelli dei risultati delle Politiche». Non un crollo ma nemmeno un segnale da sottovalut­are. «Sono i primi sintomi di uno smottament­o che — secondo Valbruzzi — forse era già in atto». Qual è stato l’errore, oltre alla politica dei due forni, cioè provare a costruire un governo da una parte con la Lega, dall’altra con il Pd? Ancora un numero, perché i sondaggist­i ragiona- no con le cifre e perché funzionano meglio di tante parole. «In Friuli Venezia Giulia — dice Risso — il 42% degli elettori del Movimento Cinque Stelle dice di aver fiducia in Matteo Salvini. La base voleva, anzi vuole ancora, un governo con la Lega». E il fatto di aver iniziato una partita a scacchi sulla maggioranz­a, che ha il sapore della Prima Repubblica, ha fatto perdere consenso.

Tutto è recuperabi­le, però. Fino al 2008 gli elettori italiani erano divisi in due blocchi separati fra loro, centrodest­ra e centrosini­stra. Le elezioni di domenica ci ricordano che il voto di appartenen­za sta sparendo. Anche l’elettore è diventato infedele. A volte se ne va. Ma può pure tornare.

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