La Rivoluzione di Velluto paralizza l’armenia
Sciopero generale nello scontro tra l’opposizione e il governo. Che però ammette la sconfitta
La crisi
● Migliaia di armeni hanno manifestato nella capitale Yerevan, dopo l’appello del leader dell’opposizione Nikol Pashinyan, la cui candidatura come premier è stata bocciata dai Repubblicani dell’ex primo ministro Serzh Sargsyan
● Sargsyan, al potere dal 1991 (prima era presidente) si è inimicato gli elettori cercando di restare al potere oltre i due mandati consecutivi concessi
Portano una finta bara davanti al Parlamento di Yerevan, l’adornano di fiori, inscenano un funerale: «Oggi muore questo regime!». Mettono di traverso trecento macchine sulle autostrade, isolano la capitale, bloccano i binari di treni e metrò: «Andiamo avanti finché i corrotti e i ladri non se ne vanno!». Fermano le auto verso l’aeroporto e fanno scendere tutti, si va a piedi, qualche volo viene cancellato e i piloti aderiscono alla protesta: «Sciopero generale!». Occupano i palazzi governativi delle altre città, da Gyumri a Maralik, e chiedono ai sindaci d’unirsi a loro: «Vogliamo la vittoria!».
La chiamano la Rivoluzione di Velluto, perché dura dal 13 aprile e non ha provocato morti, ma ieri sotto il morbido s’è temuto il pugno di ferro: «Non provate a mandare in piazza l’esercito — ha avvertito a un certo punto Nikol Pashinyan, leader dell’opposizione Yelq —, convinceremo i soldati a protestare con noi. Stavolta non si molla! E attenti: potrebbe diventare uno tsunami».
Armenia armata. Sei giorni per evitare (o scatenare) il caos. Sull’orlo di un’altra Ucraina. Uno dei Paesi più immobili del vecchio impero sovietico, dove dagli anni Novanta la benedizione di Mosca fa governare sempre gli stessi, martedì prossimo proverà a darsi un nuovo premier e una nuova politica: sull’autocandidatura di Pashinyan, 42 anni, t-shirt e berretto, ex giornalista già finito in galera per le sue contestazioni, alla fine della giornata di scioperi dice d’essere d’accordo anche il suo grande nemico Serzh Sargsyan. Il Partito repubblicano che comanda in Armenia, e che ha permesso a Sargsyan di regnare nell’ultimo decennio, alla fine accetta il cambio di stagione. Quasi inevitabile: con un contestato referendum il presidente Sargsyan aveva ritoccato i poteri presidenziali e in aprile (non potendosi dare un terzo mandato, vietato dalla Costituzione) li aveva riversati tutti sul primo ministro, cioè se stesso, perché a quella carica s’era poi fatto eleggere dal Parlamento (che il suo partito controlla). In piazza Supporter del leader dell’opposizione Pashinyan nel centro della capitale Yerevan
(Foto Afp)
teressi commerciali delle potenze straniere».
Nel discorso di lunedì il presidente ha anche proclamato che Adolf Hitler favorì l’immigrazione ebraica nella regione dopo aver raggiunto un accordo con quella che è oggi la banca Leumi in Israele: agli ebrei sarebbe stato garantito di poter trasferire tutte le ricchezze. Queste rivisitazioni sono state smontate ieri dal museo dell’olocausto a Washington che le ha definite «pericolose e inaccurate»: «I nazisti credevano che i tedeschi incarnassero una razza superiore e che gli ebrei rappresentassero una minaccia alla purezza germanica. Per questo furono sterminati».
Abu Mazen si vanta di essere un esperto e di aver approfondito lo studio sulle origini dell’olocausto. Cinque anni fa ha dichiarato di «avere nel cassetto una settantina di libri ancora da pubblicare» dove riprende le tesi della sua ricerca di dottorato del 1982.
Il titolo non lascia dubbi sul tentativo di riscrivere la Storia («L’altro lato: la relazione segreta tra il nazismo e il sionismo») come i capitoli dove spiega che «il movimento sionista guidò una campagna di incitamento contro gli ebrei in Germania» per spingere il regime allo sterminio, così da aumentare il terrore e l’immigrazione verso la Palestina in cerca di salvezza.
@dafrattini Un colpo di mano. Un mezzo golpe. Abbastanza per muovere le piazze e costringere l’eterno Sargsyan, improvvisamente mite e rassegnato, alle dimissioni: «E va bene. Pashinyan aveva ragione, io torto. Esaudisco le vostre richieste».
La crisi è finita o è solo all’inizio? Protettorato putiniano, l’armenia deve guardarsi da vicini ostili (i turchi del Medz Yeghern, il grande genocidio, più gli azeri del gas e del conteso Nagorno-karabakh) e soprattutto dalle attenzioni russe. Le idee di Pashinyan non piacciono a Mosca: l’aspirante premier vuole un riavvicinamento all’ue e alla Cina, più dialogo con gli Usa e qualche mese fa ha proposto di rivedere gli accordi economici coi russi.
Dal Cremlino sono arrivate telefonate preoccupate: «Spero in una soluzione rapida», ha raccomandato lo Zar. E i deputati della Duma si sono presentati subito a Yerevan in delegazione.