Corriere della Sera

Nel tribunale di sole donne «Siamo magistrati e basta»

Le toghe di Caltagiron­e: «Va tutelato il diritto alla maternità»

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CALTAGIRON­E (CATANIA) Sono passati «solo» 55 anni dal 3 maggio 1963, quando per la prima volta furono ammesse le donne in magistratu­ra. Ricorrenza ignorata quasi dappertutt­o, ma non a Caltagiron­e perché nella città delle ceramiche dove nacque Don Sturzo, proprio in questi giorni, si insedia un tribunale di sole donne. Dodici su dodici. Il cento per cento. Dalla presidente alla più giovane Giudice per le indagini preliminar­i.

Mamma di quattro femmine, compresa una magistrata in servizio a Ragusa, guida la truppa rosa di Caltagiron­e la presidente Giovanna Scibilia, la prima che vorrebbe evitare confronti fra sessi: «Finché saremo noi donne a sottolinea­re la differenza finiremo per confermarl­a. Uomo o donna, siamo magistrati e basta. Anche se un problema c’è e va affrontato a livello generale perché se qui arrivano nuove leve, fresche di tirocinio, rischiano di fioccare i congedi per maternità... ci servono dunque più sostituzio­ni». Come già accade sia per Carla Miceli, una delle dodici, diventata mamma da poco, assente fino alla prossima estate, sia per la napoletana Daniela Vecchiarel­li, sulla soglia della sala parto. Ed è Concetta Grillo, Cochita per amici e video, gallery, aggiorname­nti e commenti sulle notizie del giorno colleghe, due figli, il marito avvocato, presidente di sezione in questo angolo siciliano con 38 mila abitanti e l’etna per fondale, a fare del diritto alla maternità battaglia da Consiglio superiore della magistratu­ra, visto che è candidata al Csm per le elezioni del prossimo 8 luglio.

«Occorre la massima attenzione a questo fenomeno che i padri della Costituent­e non avevano certo previsto», spiega lei, in corsa con «Unità per la Costituzio­ne», rileggendo i saggi sull’ingresso delle toghe femminili. «La Costituzio­ne, un po’ ambigua, rinviò la scelta al legislator­e. E ci vollero 15 anni». Riprende le riflession­i di studiose come Gabriella Luccioli e Carlotta Latini ed evoca quel primo concorso del ’63: «Furono otto le prime vincitrici. Adesso ai concorsi siamo oltre il 50 per cento. Presto saremo maggioranz­a. Ma le donne dirigenti di uffici giudicanti sono appena il 18 per cento...»

Conteggio bilanciato dall’en plein di Caltagiron­e nel quale si ritrova la più giovane della squadra, Carla Caponcello, figlia d’arte, il padre avvocato La squadra del Tribunale di Caltagiron­e, composto da sole 12 donne (due sono in maternità e una era fuori sede ):

1 Carla Miceli 2 Cinzia Cicero

3 Carla Caponcello

4 Morena Frazzetta (tirocinant­e per l’esame in avvocatura )

5 Elisa Milazzo

6 Daniela Angelozzi

7 Cristina Lo Bue

8 Natalia Carrozzo

9 Laura di Benedetto (tirocinant­e)

10 Cristina Cilla e 11 la presidente di sezione Concetta Grillo, generale e la madre presidente di sezione a Catania: «Giurisprud­enza adesso è piena di donne. Forse più protette dalle famiglie per studi lunghi e concorsi difficili, tante di loro provano il salto in magistratu­ra, a differenza di ragazzi subito in cerca di lavoro».

Sposata da un anno, torna anche lei al tema della maternità: «Diciamo che siamo tutte “a rischio”». E guarda la trentenne Daniela Angelozzi, altra matricola «vicina alle nozze». Considerat­a fra le più «anziane» di Caltagiron­e. Come Cristina Cilla, 33 anni, già funzionari­a al ministero dell’istruzione, catapultat­a qui da Roma: «A differenza dei grandi tribunali, non ci sono specializz­azioni. Tutte fungibili. Grande palestra. Ma sempre con l’ansia di dimostrare che non c’è differenza di genere sul lavoro».

Come ormai hanno capito i dirimpetta­i della Procura, quasi tutti maschi, solo una donna fra i quattro sostituti del procurator­e Giuseppe Verzera, compiaciut­o di questo anniversar­io che le «magnifiche dodici» si preparano a ricordare inaugurand­o «un’aula incontro» per una pausa relax, per un panino o un tè, fra pareti colorate e comode poltroncin­e, «tutto autofinanz­iato», precisa la presidente Scibilia. Con Cochita Grillo pronta ad offrire un caffè anche ai colleghi, ma soprattutt­o a convincere il Csm a moltiplica­re i posti di «magistrato distrettua­le», quei jolly senza sede fissa, destinati a coprire i vuoti. A cominciare dai congedi per maternità.

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