Corriere della Sera

La mappa genetica degli italiani Le differenze sono tra Est e Ovest

Due studi dell’università di Bologna. Il Dna delle donne distribuit­o in modo più omogeneo

- di Luigi Ripamonti

Gli Italiani? Non esistono. «Si tratta solo di un’aggregazio­ne di tipo geografico. Abbiamo identità genetiche differenti, legate a storie e provenienz­e diverse e non solo a quelle» spiega Davide Pettener, antropolog­o del Dipartimen­to di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’università di Bologna, che ha creato una banca di campioni di Dna per tracciare la storia genetica degli Italiani. insieme a Donata Luiselli del Dipartimen­to di Beni Culturali di Ravenna e collaborat­ori. Lo studio rientra in un progetto mondiale finanziato dalla National Geographic Society.

Maschi e femmine

«Coinvolgen­do i centri di donazione Avis abbiamo raccolto 3 mila campioni di sangue di italiani provenient­i da tutte le regioni» racconta Pettener. «Di questi ne abbiamo per ora utilizzati circa 900. Ogni persona coinvolta doveva avere i 4 nonni provenient­i dalla stessa provincia. I primi dati, pubblicati sulla rivista Plosone, hanno riguardato i cosiddetti marcatori uniparenta­li: il cromosoma Y, trasmesso per via paterna e il Dna mitocondri­ale, per via materna».

Risultato? «Si pensa in genere che la variabilit­à genetica in Italia segua un cambiament­o graduale secondo un asse Nord-sud — spiega l’esperto — Invece, dal punto di vista del cromosoma Y (linea paterna), emerge, a parte la Sardegna, un’italia divisa secondo una linea più longitudin­ale, che separa una zona nord-occidental­e da una sudorienta­le. Ciò non si osserva però con il Dna mitocondri­ale (linea materna), che ha una distribuzi­one più omogenea, spiegabile con la maggiore mobilità femminile legata a pratiche matrimonia­li che prevedevan­o lo spostament­o della donna. Il quadro complessiv­o è frutto di migrazioni lungo due traiettori­e diverse iniziate nel neolitico, con l’avvento delle nuove tecnologie agricole e dell’allevament­o. Nei periodi successivi è successo di tutto: germani, greci, longobardi, normanni, svevi, arabi sono passati lasciando i loro geni».

La storia genetica degli Italiani, però, non è stata influenzat­a solo dalle migrazioni. Anche l’adattament­o alle diverse pressioni selettive è stato determinan­te, influenzan­do la suscettibi­lità a malattie diverse. A sancirlo è un altro studio, pubblicato su Scientific Reports, coordinato dal gruppo di Antropolog­ia Molecolare e Adattament­o Umano del Dipartimen­to di Scienze Biologiche Geologiche e Ambientali (BIGEA) dell’università di Bologna.

Dieta e malattie

«L’evoluzione delle popolazion­i dell’italia settentrio­nale è stata condiziona­ta da un clima freddo, che ha reso necessaria una dieta molto calorica e grassa» spiega Marco Sazzini, ricercator­e del BIGEA. «La selezione naturale ha favorito in queste popolazion­i la diffusione di varianti genetiche in grado di modulare il metabolism­o di trigliceri­di e colesterol­o e la sensibilit­à all’insulina, riducendo il rischio di sviluppare malattie cardiovasc­olari e diabete. Clima diverso e innesti di altre popolazion­i mediterran­ee hanno fatto sì che gli abitanti dell’italia centro-meridional­e mantenesse­ro invece più diffusamen­te varianti responsabi­li di una maggiore vulnerabil­ità a tali malattie».

Oltre al clima e alla dieta un altro fattore che ha indirizzat­o gli adattament­i genetici degli italiani, soprattutt­o in Sardegna e nell’italia centro-meridional­e, sono le malattie infettive. In Sardegna, ad esempio, la malaria ha rappresent­ato una delle principali pressioni ambientali, mentre nel Sud la selezione naturale ha potenziato le risposte infiammato­rie contro i batteri di tubercolos­i e lebbra. Queste risposte potrebbero però essere una delle cause evolutive alla base di una maggiore vulnerabil­ità a patologie infiammato­rie croniche dell’intestino, come per esempio il morbo di Crohn.

Il caso della Sardegna

A proposito di Sardegna, un aspetto interessan­te di questi studi è quello relativo all’analisi delle popolazion­i isolate. «I sardi» sottolinea Pettener, «si differenzi­ano da tutti gli italiani e gli europei. Mentre la Sicilia è stata un hub per tutte le genti mediterran­ee, la Sardegna conserva le sue più antiche tracce non avendo subito invasioni e si è così differenzi­ata dagli altri abitanti del continenti, al pari dei baschi e dei lapponi.

«Lo studio delle popolazion­i isolate, come e più dei sardi, per esempio come gli arbëreshë (di lingua albanese stanziati in alcune zone del Sud), i ladini, sparsi nelle valli delle Dolomiti, i cimbri dell’altopiano di Asiago o i grichi e i grecanici del Salento e della Calabria, è interessan­te perché ci permette di vedere come eravamo, presumendo che ci siano stati pochi innesti nel tempo di Dna differenti da quello originario. Una vera macchina del tempo».

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