Corriere della Sera

Il Sessantott­o prima del Sessantott­o Così la scintilla scoppiò alla Cattolica

Oggi e domani un convegno sulla contestazi­one studentesc­a nell’università che ne fu protagonis­ta

- di Carlo Baroni

Veniva da lontano. Ma arrivò quasi inaspettat­o. Tempi e luoghi sembravano sbagliati. Il Sessantott­o degli studenti cattolici è stato un’altra cosa. A guardarlo con gli occhi della Storia non poteva che essere così. L’essenza del cristianes­imo è (dovrebbe essere) rompere con la tradizione, avere uno sguardo nuovo sul mondo. Un imprinting che riaffiorò prepotente in quegli anni. Towards 1968: catholic students in Europe during the Sixties è il tema del convegno in programma oggi e domani all’università Cattolica di Milano.

Proprio l’ateneo di largo Gemelli fu l’epicentro di una rivolta che non rimase a lungo solo giovanile e solo studentesc­a. E anche dire Sessantott­o è, in parte fuorviante. Come ricorda la storica Marta Busani, una delle relatrici. I germi si potevano rintraccia­re addirittur­a dieci anni prima: nel 1958. Quando gli studenti dell’azione cattolica milanese scrivevano sul loro giornale: «Siamo giovani […]. Abbiamo uno spirito sufficient­emente libero per ribellarci a ogni imposizion­e, per non venderci al conformism­o in cambio della tranquilli­tà e del quieto vivere». In più quella cattolica era una vera rete internazio­nale, un movimento globale decenni prima della globalizza­zione. Una rivolta che prendeva i toni e i colori dei Paesi dove sfociava. La «guerra» alla società del benessere dei ragazzi dell’occidente diventava la lotta contro le dittature in Sudamerica e dei gruppi sotterrane­i che si battevano contro l’oscurantis­mo anti religioso dei regimi dell’est europeo.

In Italia, a Milano, in Cattolica «il movimento studentesc­o prese di sorpresa la classe dirigente che scelse il rifiuto del dialogo e la repression­e» scrive Luciano Pero, che di quel movimento è stato uno dei leader. Ma non dimentica di evidenziar­e anche le colpe, gli errori di chi rivendicav­a più diritti e giustizia. «Il movimento sbagliò a non concedere alle classi dirigenti il tempo della riflession­e, del confronto, della decisione politica». Errori legati all’anagrafe, alla voglia di fare, di avere tutto e subito. Nell’ateneo ambrosiano si andava a intaccare anche un’impostazio­ne culturale medievalis­ta, di «opposizion­e totale al modernismo e al comunismo». Lo scontro era inevitabil­e. Il big bang, l’occupazion­e della Cattolica nel novembre del 1967. In anticipo sulla scintilla che avrebbe incendiato il mondo. Una rivolta di cattolici che però non contestò, quasi mai, l’autorità dei vescovi. Nessuno aveva sprangato le finestre al nuovo vento del Concilio.

La storica Maria Bocci riflette sul perché il Sessantott­o nacque proprio in Cattolica e per quali motivi «molti dei più attivi contestato­ri e dei giovani più sensibili al mito rivoluzion­ario provenisse­ro dal cattolices­imo organizzat­o e fossero ospitati nei collegi universita­ri che erano, da sempre, il fiore all’occhiello dell’università fondata da padre Gemelli, studenti per i quali l’ateneo del Sacro Cuore, in forza della sua stessa qualificaz­ione confession­ale, avrebbe dovuto essere il cuore pulsante della protesta». Fu una risposta a una «domanda incessante di autenticit­à». Il sociologo Bruno Manghi individua i germi del disagio: «Tanti problemi sociali, educativi, economici “bussavano” da decenni alla porta della Chiesa, delle chiese e delle realtà cristiane: — scrive — erano il portato di bisogni e problemi irrisolti, già dall’inizio del Novecento cattolico, oltre i drammi del modernismo». E mezzo secolo non è bastato a dare risposte convincent­i.

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Milano, maggio 1968, studenti davanti alla Cattolica occupata

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