Corriere della Sera

Von Dohnányi: con lui Brahms non è retorico

- di Enrico Girardi

L’ultimo concerto sinfonico della stagione scaligera vede impegnati Christoph von Dohnányi sul podio e Rudolf Buchbinder al pianoforte per il Concerto per pianoforte n.22 di Mozart. Acqua fresca per loro, ma non parlano la stessa identica lingua e l’esito non è convincent­e quanto potrebbe. Suoni, tempi e intenzioni non sono a fuoco. Ma quando von Dohnányi suona Beethoven, Egmont, e soprattutt­o Brahms, la Terza, gli esiti sono magnifici. Sembra partire dal presuppost­o, l’88enne berlinese, che se c’è un autore che non fu mai schiavo della battuta, intesa come gabbia ritmica, questi era Brahms, proprio in quanto profondo studioso della antica polifonia. E così l’esecuzione è tutta «orizzontal­e», in virtù di un suono omogeneo (spesso Dohnányi attenua le dinamiche di violini e contrabbas­si) e di un legato d’alta scuola, quello che produce il piacere di un fraseggio libero e pieno, ma mai retorico. Ne risulta una Terza nobile, levigata, eburnea, «tedeschiss­ima», dentro cui ritrovare Bach e Schütz, oltre a Schumann e Beethoven.

L’anno scorso von Dohnányi venne a dirigere Beethoven portandosi idee forse più complesse di quante l’orchestra potesse assimilare in poche prove. Questa volta i professori della Filarmonic­a si esibiscono in una prova smagliante e sono i primi a rendergli omaggio tributando­gli calorosi applausi. Sembra cioè scoccata quella scintilla per cui potrebbe essere gran cosa l’elektra di Strauss del prossimo autunno. Intanto è da non perdere questo bellissimo concerto (in replica stasera e sabato).

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Sul podio Il direttore Christoph von Dohnányi, 88 anni

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