La rabbia di Monchi contro l’arbitro «Cose mai viste»
ROMA «Cose mai viste» dice Monchi. Durissimo l’attacco del d.s. della Roma a fine partita. Nel mirino la direzione, pessima, dell’arbitro Skomina. «È ora di alzare la voce» prosegue il dirigente giallorosso, «il calcio italiano deve farsi sentire, non riesco a capire come sia possibile che nella competizione più importante non ci sia la Var. Complimenti al Liverpool ma c’erano due rigori per noi. Non so davvero perché la Uefa non la vuole, ma ce n’è bisogno. Ora». La pensa allo stesso modo Eusebio Di Francesco: «Noi dovevamo crederci di più, ma ci è stato tolto molto. E così non va bene».
L’amarezza c’è. E la rabbia anche. Ma anche la consapevolezza di essere usciti dall’olimpico a testa alta. Prendete Dzeko, l’uomo che ha fatto fuori Messi dalla Champions e che ha cancellato l’ultimo sogno europeo di Iniesta. Ebbene, dopo quel primo tempo che ha spezzato ogni illusione, sotto 5-2 e 2-1 contro il Liverpool, quasi un incubo, avrebbe potuto essere abbandonato dalla cattiveria, dall’energia, dalla smania. Macché: ha continuato a lottare, quasi a crederci, e così si è preso un rigore che il guardalinee ha cancellato per un fuorigioco inesistente, e poi un gol lo ha comunque segnato. Quando conta lui c’è, insomma.
Oppure guardate De Rossi, l’unico in campo ad avere giocato in carriera una partita più importante di questa, ormai dodici anni fa a Berlino, eppure ancora caparbio, cattivo, duro, come se dovesse guadagnarsi l’ultima fetta di gloria: il Buffon della Roma. O anche El Shaarawy, la cui carriera in verità racconta una storia opposta, grande talento e testa a volte un po’ così, svagata, ma stavolta animato da una grinta che non gli conoscevamo e che lo rende il migliore dei giallorossi finché non deve uscire zoppicando, probabilmente per crampi. O infine
Nainggolan, che sbaglia il pallone del primo gol e ne soffre per lunghi minuti, però alla fine si prende le reti del successo. Non mollano i tifosi, che quasi buttano dentro con il cuore i palloni della vittoria, un 4-2 effimero però pieno di forza e di coraggio, anche per loro che hanno pagato fior di quattrini senza fiatare per un biglietto di Roma-livepool (non a caso è stato stabilito il record d’incasso per una partita giocata in Italia, oltre cinque milioni e mezzo di euro, battuto il primato appena realizzato a San Siro per Inter-juve). Si chiama orgoglio, e pazienza se non è servito a vendicare la finale di trentaquattro anni fa: a Kiev va il Liverpool, ma Roma non dimenticherà queste notti.