Corriere della Sera

Che ha tenuto nascosto tutto il suo coraggio

- Di Paolo Di Stefano

«Il volto un poco buio del caro grande Gino»: così Gianni Brera fotografò l’espression­e di Bartali il 24 luglio 1949, quando i parigini impazziron­o per il trionfo di Fostò sul Ginò. Era l’anno in cui il giovane volava e il vecchio sgroppava, o peggio arrancava. Fatto sta che per parlare di Bartali si finisce sempre per parlare anche di Coppi e viceversa, semplifica­ndo. L’estroverso e l’introverso, l’intuitivo e il perfezioni­sta, da una parte il brontolone del «gl’è tutto sbagliato, gl’è tutto da rifare», dall’altra il sornione taciturno.

L’eroe che i francesi «incazzati» (dopo la vittoria al Tour del 1948) chiamavano «le pieux», cioè il pio, proclamato post mortem eroe della Resistenza una volta scoperta la sua azione segreta in favore dei perseguita­ti del nazifascis­mo, da ieri è cittadino onorario di Israele. A due giorni dalla partenza del Giro da Gerusalemm­e, il Museo della ● La nipote di Gino Bartali, Gioia, a Gerusalemm­e ha ricevuto l’onorificen­za in onore del nonno, diventato cittadino onorario d’israele: ha salvato oltre 800 ebrei Shoah, Yad Vashem, ha reso onore al Ginettacci­o, «campione nello sport, campione nella vita», consegnand­o l’onorificen­za alla nipote Gioia.

I cronisti d’antan raccontava­no che stare sveglio, magari chiacchier­ando con la sua voce catramosa fino a tarda notte, era per Bartali il modo preferito di allenarsi. Eppure, il gran chiacchier­one si trattenne per una vita dal vantare in pubblico il suo coraggioso passato extra sportivo: «Il bene si fa ma non si dice» insegnò a suo figlio Andrea nel raccontarg­li quella vicenda di Resistenza. Per questo la si venne a sapere solo dopo la sua morte. Tra il 1943 il 1944, il giovane Bartali aveva salvato oltre 800 ebrei e soldati alleati percorrend­o decine di volte 200 chilometri per raggiunger­e da Firenze il convento di San Quirico in Assisi: lì consegnava i falsi documenti che aveva nascosto sotto il sellino e dentro le impugnatur­e del manubrio della sua Legnano e che avrebbero permesso la fuga ai rifugiati.

Un suo grande tifoso, toscano come lui, lo scrittoreg­iornalista Manlio Cancogni, ricordava che «sotto i colpi scomposti delle sue gambe storte e muscolose, la bicicletta sussultava e pareva spezzarsi». I suoi «strilli» ferivano l’udito, e lanciando i gregari all’inseguimen­to di Coppi «strepitava come un ossesso». Quando nel 1952 lo stesso Cancogni andò a intervista­rlo nella sua villetta alla periferia di Firenze, trovò un uomo instancabi­le e un gran fumatore, che aveva l’abitudine di non andare a dormire presto neanche durante le grandi corse a tappe. Verso mezzanotte ai compagni sfiniti che lo scongiurav­ano di riposarsi o almeno di mettersi a sedere, rispondeva con una risata: «Domani mi tocca starci otto ore seduto, sulla Leggenda Gino Bartali ha vinto per tre volte il Giro e per due il Tour, durante la Guerra salvò più di 800 ebrei dalle persecuzio­ni bicicletta!».

Ai tempi in cui pedalava sulle montagne verso Assisi, il Gino era già un campione, ma solo il 15 luglio 1948, dieci anni dopo il primo trionfo francese, sarebbe diventato un eroe nazionale vincendo il Tour al Parc des Princes: l’italia dell’iperbole disse che il trionfo del «magnifico atleta cristiano», dell’«arrampicat­ore divino», dell’«arcangelo della montagna» scatenò un tale entusiasmo popolare da evitare la guerra civile all’indomani dell’attentato a Togliatti: mai evento sportivo fu tanto strumental­izzato dalla politica.

Bartali fu accolto in gran pompa con i suoi gregari al Quirinale dove fece scandalo presentand­osi senza cravatta. Ben altra cosa probabilme­nte rispetto alla prima udienza di Gino il Pio con Pio XI, che risale al 1938. Mussolini non apprezzò affatto che Bartali dedicasse le sue vittorie a Santa Teresa di Lisieux, alla Madonna di Lourdes o al Papa, ma il carattere ruvido del Ginettacci­o non si fece mai ingabbiare neanche dal regime. E tanto meno intenerire dalla poesia. Il naso triste da italiano allegro? «La canzone mi piace — disse a Paolo Conte — ma hai visto te che naso ti ritrovi?».

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Cerimonia

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