Il concertone del Primo Maggio: un appuntamento senza identità
S e la mettiamo sul piano della comunicazione, il concertone del Primo Maggio è quanto di più distante esista dal mondo del sindacato (Rai3, martedì). Anzi, se vogliamo dirla tutto, il sindacato (Cgil, Cisl e Uil) non c’entra più nulla con il concertone, è un corpo estraneo, anzi un anticorpo.
O viceversa. Basta mettere a confronto i comizi di Susanna Camusso, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo (l’avete mai sentito Barbagallo?) e quell’inizio così adolescenziale e rabbioso de Lo Stato Sociale («Mi sono rotto il c... della spesa militare, del vuoto elettorale, che è colpa degli immigrati, della formazione del nuovo governo, lo faccio con te, non con te, senza Renzi, con Casa Pound ma giuro senza il duce…») per misurare la distanza tra le due manifestazioni, per capire che la confusione sotto il cielo è grande.
Da una parte, la crisi d’identità del sindacato (da una ricerca commissionata dalla Camusso all’istituto Tecnè è emerso che il 33 per cento degli iscritti alla confederazione ha votato per i grillini, mentre il 10 per cento per la Lega); dall’altra, la crisi d’identità del concertone, che è quella che ci interessa.
A legare le due crisi, per cercare di superarle, le accorate e nostalgiche parole di Max Gazzè: «Il Primo Maggio ha ancora un senso molto forte. È un momento d’aggregazione fra le persone, più di quanto facciano i nostri politici che appaiono disgregati e mancano di un progetto politico a lungo termine». Sì, ciao!
Cos’è oggi il concerto del Primo Maggio? Senza più identità, a quale format s’ispira?
È più Castrocaro o talent? È un tributo che la Rai deve pagare?
Certo, poi arriva Gianna Nannini, infila i suoi successi (più «Dio è morto») e il pubblico della piazza va in delirio, dopo aver ascoltato tanta insignificanza. Ma perché, anche sul palco, tutti parlano di diritti e mai di doveri?