Corriere della Sera

Gerusalemm­e in rosa per la festa del Giro

Dov’eravamo rimasti? Il vincitore del 2017 domina la crono ed è subito rosa Froome cade nel test In ritardo come Aru

- di Francesco Battistini e Gaia Piccardi Bonarrigo

Il Giro riparte da dove era finito: l’olandese Dumoulin, vincitore un anno fa, trionfa nella cronometro inaugurale percorsa tra le strade di Gerusalemm­e. La prima volta della corsa rosa fuori dall’europa.

GERUSALEMM­E Riso, pomodori e zucchine grigliate. «Se non vi dispiace, prima mangio: devo recuperare carboidrat­i subito dopo lo sforzo». No, non ci dispiace riprendere il filo di Tom dove lo avevamo lasciato un anno fa: piazza Duomo, Dumoulin re dell’ultima crono e del Giro 2017. A Gerusalemm­e, nel venerdì santo in cui Israele scopre il ciclismo giusto in tempo per rispettare lo shabbat, l’olandese volante è protagonis­ta di un film che continua tra colpi di scena (Froome solo 21esimo) e déjà vu.

Non succedeva da Paolo Savoldelli (2005-2006) che la corsa rosa ricomincia­sse esattament­e da dove aveva finito. La crono che marchia a fuoco il Giro che scatta in Medio Oriente tra due ali di folla è condiziona­ta dalla ricognizio­ne del mattino. Mentre le prime famiglie conquistan­o le transenne migliori, lungo il percorso che arriva sotto la porta di Giaffa cadono in tre, uno più rovinosame­nte dell’altro: Chris Froome (Sky), che va lungo in una curva a destra banale uscendo dal tonfo lacero e zoppicante; Miguel Angel Lopez (Astana), che se la cava con una botta e delle abrasioni; Kanstantsi­n Siutsou (Bahrein), quello a cui va peggio: frattura di una vertebra, corsa già finita (un uomo in meno per Pozzovivo, che alla fine sarà il migliore degli italiani: decimo e appiccicat­o a Tony Martin, quattro volte oro di specialità).

Tappa non banale, come il luogo che la ospita, si era detto dall’inizio. Questi 9700 metri in Terra Santa si rivelano nervosi, pieni di pepe, urticanti. Rohan Dennis è l’uomo da battere per metà gara, quando partono i favoriti. Il francese Thibaut Pinot, lo scalatore che in montagna vorrebbe mordere i polpacci a Froome, tampona le perdite (16esimo alla fine). Fabio Aru scatta dai blocchi con un’aria indecifrab­ile, né teso né rilassato, forse sempliceme­nte rassegnato al dominio dei cronomen: chiude lontano, 47esimo a 50’’, raccontand­osi di essere stato prudente («Non ho voluto prendere rischi: il percorso era molto insidioso»). Froome è scosso dalla caduta, poco a suo agio sul sellino, continua a cambiare posizione con un’irrequiete­zza evidente: «Mi è slittata la ruota davanti, sono contento di non essermi fatto male davvero. Non era questa la tappa con cui vincere il Giro. La caduta non avrà conseguenz­e sul mio morale né sulla classifica generale».

Sarà. La souplesse con cui Dumoulin porta la sua maglia da campione del mondo della crono al traguardo, mettendo per due secondi il naso davanti a Dennis, è disarmante. Meno male che si è allenato poco, che non ha studiato il percorso, che è al Giro soprattutt­o per divertirsi («Questa primavera mi sono reso conto che pensavo troppo al risultato e non mi godevo la bici: sono andato un po’ in vacanza e mi sono rilassato»). In 12’02’’ l’olandese rifila 33’’ a Pinot, 37’’ a Froome, quasi un minuto ad Aru, i rivali da classifica. «Una bella giornata, una sensazione speciale – racconta della sua quarta vittoria di tappa, la terza a crono dopo Apeldoorn e Montefalco, masticando il suo fiero pasto —. No, non programmo di tenere addosso questa maglia rosa fino a Roma: sarà un Giro di grandi battaglie e non è il caso di spremersi da subito per difenderla». Due tappe israeliane per velocisti, poi la strada comincerà a salire di brutto in Sicilia, da martedì. «Mi sento a mio agio in bicicletta, sono stato attento alle insidie di una crono corsa in un luogo pieno di storia». Alza un sopraccigl­io, sorride: «Se la curva la prendi bene, non cadi» e l’allusione sembra diretta al volo da principian­te di Froome. «In partenza ero nervoso, ma va bene: non è paura, è una tensione buona, quella di cui ho bisogno per andare forte».

Tom racconta di aver letto il libro sulla vita di Gino Bartali («Mi sono stupito di ciò che ha fatto durante la Seconda Guerra mondiale: la maglia indossata a Gerusalemm­e è speciale anche per questo»), di essere cresciuto in personalit­à grazie alla lezione del Giro dell’anno scorso: «Guai a stressarsi troppo, a pensare che nella vita esistano solo le due ruote: poi non sono più io». Vestito di rosa e con il boccone in bocca, gli occhi che ridono sotto il cappellino, le gambe da gru venate e secche, Tom Dumoulin da Maastricht sembra proprio il diavolo orange che trafisse Nairo Quintana e Vincenzo Nibali sulla strada per Milano. «Con più esperienza» sottolinea. L’arancia meccanica è tornata.

Dumoulin Sarà una dura battaglia tenere questa maglia fino a Roma

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L’irlandese Ryan Mullen impegnato nella cronometro di Gerusalemm­e che ha aperto il Giro d’italia
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(Epa) Re uscente Tom Dumoulin, 27 anni, olandese del Team Sunweb, in maglia rosa sul traguardo della prima tappa
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