Le regole d’oro dell’invito a nozze (non solo Royal)
Mai tacchi acrobatici (come quelli di Victoria Beckham) o cappelli troppo «creativi». No alle gonne troppe corte, agli abiti troppo scollati e alle braccia scoperte. E le calze? Se non si vuole fare la gaffe di Samantha Cameron...
Royal wedding? Il sogno di ogni socialite. E se non è un matrimonio reale, ma comunque importante, la lezione dei «si» principeschi può essere d’aiuto. Per evitare passi falsi. Persino Victoria, l’ex Spice ora designer di successo, e David Beckham, invitati alle nozze di William e Kate nell’aprile 2011, scivolarono su alcuni errori che gli ospiti del nuovo appuntamento con protagonisti Harry e Meghan dovranno evitare. Lui arrivò con appuntate le onorificenze al bavero (il cartoncino d’invito non lo richiedeva), lei si presentò su plateau altissimi, quando ai matrimoni i tacchi devono essere discreti, non acrobatici. Al bando plateau, sandali e slingback (punta coperta ma tacco fasciato solo da un cinturino): troppo informali.
Nel 2011 per il sì a Westminster Abbey del primogenito di Carlo e Diana la regina diede l’approvazione a un manuale di 22 pagine su come presentarsi, che fu indirizzato ai 2 mila ospiti. Il cartoncino di invito spedito adesso da Carlo, principe di Galles, ai 600 ospiti per la wedding reception alla St George’s Hall al castello di Windsor dopo il sì di Harry e Meghan indica chiaramente come vestirsi: per gli uomini uniforme, morning coat o lounge suit; per le donne day dress with hat, abito da giorno con cappello.
Già il cappello. Ma quale? Intanto, ogni stagione ha il suo copricapo: e così per la season mondana d’oltremanica, dopo Pasqua, andrebbe preferito un cappello di paglia, a uno di stoffa. Con quale foggia? Beatrice di York, figlia del principe Andrea e di Sarah Ferguson, azzardò un originalissimo ma ingombrante cappello firmato Philip Treacy: una cornice sormontata da un gigantesco fiocco color cipria. Per non parlare della tesa (troppo larga) sfoggiata da Zara Phillips che, pochi mesi dopo William e Kate, si sarebbe sposata a Edimburgo con il campione di rugby Mike Tindall. E di quella, in paglia sì ma davvero ampia del cappello della Princess Michael di Kent. Samantha Cameron, moglie del primo ministro David, evitò il copricapo, rimediando con un’acconciatura che giocava con gioielli e dettagli. Ma non era un cappello.
È vero che attorno al cappello da anni nei circoli aristocratici di Londra le Ladies s’interrogano su come reinventare in modo più originale un diktat ormai antico dell’etichetta. Aiutate d Discrezione L’indicazione del Day dress vuole dire che bisognerà presentarsi in abito da giorno, nulla di lungo alle caviglie o scintillante di paillettes
In testa
Già, il cappello. Ma quale? Intanto, ogni stagione ha il suo copricapo: ora sarebbe da preferire il cappello di paglia a uno di stoffa dalla passione di Kate, oggi duchessa di Cambridge, per i fascinator, ovvero nastri, piume e fiori articolati in vezzosi accessori per i capelli che al Chelsea Flower Show e alle corse di Ascot da qualche anno hanno soppiantato il copricapo. Tanto da richiedere un passo indietro, una sorta di restaurazione dell’etichetta: così sui cartoncini d’invito al Royal box di Ascot è tornata la richiesta (esplicita) del cappello.
E a proposito di Samantha Cameron, l’ex inquilina di Downing Street «dimenticò» le calze al matrimonio reale del 2011. Comprensibile per la stagione primaverile, ma inaccettabile per il protocollo. Che non tollera, allo stesso modo, gonne troppo corte (dovrebbero essere più lunghe del punto raggiunto dalle dita della mano tenendo il braccio aderente al corpo), scollature troppo pronunciate e braccia scoperte. Colori? Mai di nero, né di bianco per non confondersi con la sposa. E non rubare la scena. Bandite anche le fantasie troppo forti.
L’indicazione del day dress suggerisce che sarà opportuno presentarsi in abito da giorno, nulla di lungo alle caviglie o scintillante di paillettes insomma. Per la verità, anche ai Royal garden parties organizzati ogni anno nel giardino di Buckingham Palace, una possibilità per indossare comunque un abito lungo c’è. Quando mi arrivò l’invito per uno di questi party a Palazzo, l’abito lungo era infatti ammesso a condizione però che ci si accompagnasse a un ufficiale con la sua divisa d’ordinanza. E non era il mio caso, optai quindi per un day dress al ginocchio. Per i cavalieri la scelta è più articolata che per le donne, forse: funziona sia l’uniforme, sia il morning coat (giacca a code e pantaloni a righe) sia una lounge suit, insomma un completo elegante come i classici da ufficio, meglio se grigio o blu. E mai con le scarpe nei toni del marrone. Ammesso soltanto il nero.
Quale scelta farà Harry? William indossò il rosso squillante dell’uniforme delle Irish Guards (lo sposo può attingere dalle uniformi dei corpi per i quali ha prestato servizio, e nel caso di William c’era solo l’imbarazzo della scelta). Harry è solo un principe cadet-
to, potrebbe fare a meno dell’uniforme, e le nozze a Windsor saranno, almeno nelle intenzioni, più private rispetto all’affare di stato di quelle di William, ma... Harry in dieci anni di vita militare è stato sul campo più volte, due volte in battaglia come elicotterista in Afghanistan. Difficile che rinunci a mostrare il suo legame con i compagni di avventura, in guerra.
E alla sera? Come dovranno presentarsi i soli 200 ospiti, gli happy few ai quali sarà riservata la cena privata? Alla regina gli abiti da sera a scollatura totale non piacciono, ma è anche vero che Sua Maestà prestò volentieri la sala del trono a Buckingham Palace per la cena di nozze di William, ma non si fece vedere affatto. Dunque porte aperte a qualche audacia, e soprattutto al lungo, che a una serata ufficiale a corte non può mancare.