Gemitaiz al vertice delle hit: il mio rap introspettivo senza nostalgie underground
In copertina c’è Gemitaiz che si dà fuoco. «Praticamente un martirio, come fare un album come il mio in questo momento storico», racconta il rapper romano. In realtà il momento storico di cu parla vive a pane e hip hop, i rapper sono i nuovi megafoni della società, le classifiche sono un monopolio di genere. «Ma queste canzoni sono diverse: non canto di quanto sono figo o di quante ragazze mi porto a casa. Non è un disco rap, ma un disco di musica, come fosse quello di un cantautore. È introspettivo, perché scavo dentro me stesso. Per questo l’ho chiamato col mio vero nome».
«Davide», il terzo disco di Gemitaiz (ospiti Coez, Fabri Fibra e Gué Pequeno, tra gli altri) è uscito il 20 aprile. Sarà pure un martirio, ma la scommessa ha funzionato dato che è in testa da due settimane agli album più venduti. «Una gioia immensa, ma resto un ragazzo umile, che non dà niente per scontato. Chi conosce la mia storia sa che do tutto Gemitaiz, pseudonimo di Davide De Luca, è nato a Roma il 4 novembre 1988. È in testa da due settimane agli album più venduti con «Davide»
davanti a dieci persone come fossi al Coachella o al concerto del Primo maggio».
Dove per la cronaca è passato martedì, in un palco sempre più dominato dai rapper: «Forse siamo diventati una moda, ma credo sia un privilegio poter arrivare a un pubblico così vasto. Oggi ognuno può aggiungere qualcosa e contribuire alla diversità di questo genere. Non ho nessuna nostalgia di quando eravamo un fenomeno underground. È come se Picasso preferisse tenere i suoi quadri nascosti in una soffitta».
Romano, 30 anni, appassionato di cinema («ma poi prendo ispirazione da ogni cosa che mi succede nella vita reale»), musicalmente colto e per questo con una poetica un po’ fuori dagli schemi nel panorama rap dei giorni nostri. «È il mio disco più maturo. Il titolo l’ha scelto uno dei miei amici più cari, che mi conosce da sempre: ha sentito i brani e ha detto che dentro c’ero io».