Corriere della Sera

Il grande abbraccio di Gerusalemm­e «Felici che il mondo sia venuto qua»

Il benvenuto del premier Netanyahu

- Francesco Battistini

Gli era appena morto il figlio in guerra. E non sapendo più come liberarsi di quell’incubo, a un certo punto lo scrittore David Grossman si mise a camminare. E a muoversi. E ad andare in bici. L’aveva imparato dalla mamma protagonis­ta di «At the end of this Land», una donna che non vuole starsene ferma in casa ad aspettare cattive notizie sul suo ragazzo militare. Grossman si spostò, dunque. Uscì di casa. E arrivò alla fine di questa terra, nel punto più a Nord al limitare del Libano, e per settimane non pensò ad altro che ad andare, andare, andare… Il giro d’israele, da Gerusalemm­e alla Galilea. Perché l’aveva fatto? «Per staccarmi da tutto — rispose —. Dalla politica, dall’occupazion­e, dalla volgarità. Per ubriacarmi di fatica. Per rimuovere il legame fra me e questa terra. E in definitiva, per salvarmi».

Qualcuno con cui correre. Gerusalemm­e s’è scelta gli italiani. Come fa da anni con le maratone non competitiv­e, coi motori che fanno passerella, col calcio che conta poco. L’importante è muoversi. La bici al posto di Bibi (Netanyahu), Aru Fabio invece d’abu Mazen. Endorfine senza confine. Perché non si può pensare sempre e soltanto alla Risoluzion­e 181 delle Nazioni Unite, per un giorno va bene anche l’edizione 101 del Giro d’italia.

Qualche capo di Hamas ci ha provato a mettere un apostrofo nero nella corsa in rosa; qualche israeliano della destra religiosa, a esigere il rispetto dello shabat; qualche «ciclista per la Palestina», a trovarsi sotto il Muro che a Betlemme taglia le case. Ma i diecimila uomini della sicurezza, alla fine, han fatto meno del temuto: ci sarà un motivo per cui la più paralizzat­a delle città si sia presa un sindaco come Nir Barkat, uno che ha fatto la Parigi-dakar e non si sa quante maratone di New York, che definisce Gerusalemm­e «un brand» e che, se gli domandano perché il Giro non tocchi anche la parte Est (araba), glissa e dice «è solo una questione tecnica, le strade sono poco asfaltate»?

Cartoline del primo giorno: il ponte ad arpa di Calatrava rosato come le pietre al tramonto, i ciclisti a registrars­i sotto il municipio traforato dai proiettili del ’67, Oliviero Toscani a scattare le facce da Giro come qualche anno fa ritraeva la razza umana, qui vicino, dietro le case palestines­i sfollate dall’esercito… Sport matters because it does not matter, scriveva il poeta Mick Imlah sui rugbisti morti in guerra, lo sport è importante proprio perché non è importante: basta una futile parata a far intuire che nella città eterna c’è posto per tutti, che il Monte del Tempio non è un percorso da scalatori della propaganda, che una fuga di gruppo non cancella il diritto al ritorno d’un popolo.

«Siamo felici siano venuti anche i ciclisti del mondo arabo», è soddisfatt­o il premier Netanyahu: venuti dal Bahrain e dagli Emirati, sfidando governi che nemmeno riconoscon­o Israele. Nessuno s’illude e si sa che tutte le guerre portano a Gerusalemm­e, come ripeteva il vecchio re Abdallah di Giordania: una tappa non è un tappo alla situazione e anche ieri, mentre qui si correva, a Gaza si sparava. L’insolito venerdì della festa di alcuni era il sesto venerdì della rabbia di altri. «Il circo dello sport se ne va e adesso arriva il clown», scrivono i blogger palestines­i. Dove il riferiment­o sarebbe a Trump, atteso fra dieci giorni a inaugurare l’ambasciata americana. In sella, si torna a correre.

 ??  ?? Partenza Avvolti dal rosa, il colore del Giro: è la partenza della tappa di Gerusalemm­e, la prima dell’edizione 101 della corsa rosa (Lapresse)
Partenza Avvolti dal rosa, il colore del Giro: è la partenza della tappa di Gerusalemm­e, la prima dell’edizione 101 della corsa rosa (Lapresse)

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy