Navalny (ancora) arrestato, con mille altri
Manifestazioni in Russia contro il presidente rieletto Vladimir Putin, che domani giura al Cremlino
● Aleksej Navalny, 41 anni, avvocato e blogger a capo del partito del Progresso: pur bandito dalle elezioni è la principale spina nel fianco di Putin MOSCA Aleksej Navalny, il blogger ed esponente dell’opposizione, è stato fermato e trascinato in un cellulare, assieme a oltre mille dei suoi in tutto il Paese. Lo scenario è sempre lo stesso e si ripete ogni volta che l’opposizione tenta di organizzare una contestazione e di portare in pazza la gente che non si riconosce nella Russia di Vladimir Putin.
Alcune migliaia di persone a Mosca, lungo la via Tverskaya attorno a piazza Pushkin, dove è stato bloccato Navalny. Altre a San Pietroburgo. Poi a Cheliabinsk e a Ekaterinburg, ai piedi degli Urali. Quindi in Estremo Oriente. Non è certo un movimento di massa come quello che caratterizzò le proteste del 2012, ma è pur sempre un segno di vita di una opposizione ridotta ai minimi termini e umiliata alle elezioni di marzo, quando lo Zar è stato riconfermato con il 77 per cento dei consensi.
A due giorni dalla cerimonia in pompa magna nella quale domani Vladimir Vladimirovich presterà giuramento al Cremlino per il suo quarto mandato, Navalny doveva farsi sentire.
Così da giorni era attivissimo in Internet per chiamare tutti a raccolta con lo slogan «Non è il nostro Zar». Ieri, poi, prima che la polizia lo trascinasse via per aver organizzato una adunata non autorizzata, ha avuto il tempo di prendere il megafono e scandire qualche altro slogan: «Mosca è nostra!», «Abbasso lo Zar!».
Lui aveva provato a chiedere il permesso, come al solito. E le autorità avevano preso tempo, come sempre. Avevano negato la centrale Tverskaya e avevano offerto Prospekt Sakharov, molto meno centrale. Navalny ha ignorato la proposta e ha chiamato i suoi a raccolta nel centro.
Sperava probabilmente in un risultato migliore. In fin Polizia L’arresto di Aleksej Navalny in piazza Pushkin: a migliaia hanno protestato contro il quarto mandato di Putin (Ap) dei conti, questa era la prima manifestazione dopo l’elezione di Putin, elezione alla quale lui stesso non aveva potuto partecipare per condanne penali che i suoi hanno sempre etichettato come politiche.
Inoltre pochi giorni fa, il 30 aprile, oltre diecimila persone erano affluite proprio su Prospekt Sakharov per protestare contro la chiusura del sistema di messaggistica Telegram. Si tratta di una specie di Whatsapp che cripta i messaggi in un modo che piace poco ai governanti. Per questo è molto usato in Paesi «difficili», come l’iran, per capirci. Il fondatore è un giovane cervello russo rifugiatosi all’estero che si è rifiutato di consegnare ai servizi di sicurezza di Mosca le chiavi di accesso. Ma dopo la chiusura, Telegram ha continuato a funzionare ricorrendo a vari marchingegni, ridicolizzando i sistema di controllo nazionale di Internet. Perfino alcune organizzazioni statali, come la Tv del Cremlino RT, hanno ricominciato ad usarlo. Navalny sperava di poter cavalcare l’onda della rabbia per la censura sui social (è a rischio anche Facebook), ma così non è stato. E al suo appello ha risposto il solito gruppo di giovani scontenti delle città. D’altra parte, un recente sondaggio indipendente ha indicato che la voglia di protestare dei russi è al minimo storico.
@Drag6