LA DRAMMATICA LEZIONE DELL’ARGENTINA PER CHI È CONTRO L’EURO
Come sempre quando si sparge odore di elezioni, l’effetto sui leader è immediato. Per uno che ricomincia a parlare di «eurofollie» (Matteo Salvini, Lega), un altro tira fuori dalla scatola degli attrezzi quello che ormai è il più antico: il «referendum sull’euro» (naturalmente Beppe Grillo, Movimento 5 Stelle). Era prevedibile, perché un nuovo voto potrebbe diventare uno spareggio fra M5S e la Lega. Nessuno dovrebbe sorprendersi se l’uno e l’altra non lasciassero nulla di intentato. Ma fermiamoci un attimo, spostiamo lo sguardo un po’ più in là. Basta un colpo d’occhio agli sviluppi di queste ore nel sistema finanziario internazionale per capire chi siamo noi italiani e dove viviamo. Due giorni fa la banca centrale argentina ha dovuto alzare i tassi d’interesse al 40% — più 13% solo nell’ultima settimana — e per una volta non si può neanche dare la colpa ai politici locali. Il leader oggi è Mauricio Macri, un ingegnere di origini calabresi che mantiene il Paese su una rotta di buon senso, riforme e prudenza. Ma negli Stati Uniti i tassi d’interesse stanno salendo, perché la Federal Reserve continua ad alzarli e la riforma fiscale di Donald Trump produrrà migliaia di miliardi dollari di debito in più. I grandi flussi di capitali tornano verso i titoli di Stato americani perché rendono e renderanno sempre di più, quindi iniziano a uscire dai luoghi più rischiosi e fragili del mondo. Di qui il crollo del peso argentino e il disperato tentativo delle autorità di fermare la fuga dei capitali. L’argentina nel 2003 aveva ripudiato debito pubblico per 100 miliardi di dollari e aveva svalutato drasticamente per cavarsela. Sono passati 15 anni, ma non è ancora vaccinata: un battito d’ali di farfalla a Washington diventa un tifone a Buenos Aires. Che c’entra con l’italia? Niente, ma proprio questo è il punto. Non c’entra perché l’italia è nell’euro e solo per questo sul suo enorme debito riesce a pagare interessi persino inferiori di quelli americani, a tutto vantaggio di famiglie e imprese. Proviamo a uscire dall’euro, o a ripudiare il debito. Prima però chiamiamo Mauricio Macri per sentire cosa ne pensa.