Corriere della Sera

«So che il mio Aldo è ancora vivo»

Rosa, la moglie dello skipper disperso: Fogar andò alla deriva per 74 giorni

- di Ferruccio Pinotti

I velisti Aldo Revello e Antonio Voinea sono dispersi in Atlantico tra le Azzorre e il Portogallo: stavano tornando in Italia dalla Martinica a bordo del Bright. Il loro allarme è stato ricevuto alle 13.48 del 2 maggio. Il ministro degli Esteri Alfano ha annunciato che il Portogallo proseguirà le ricerche. In zona è stata mandata ieri anche la nave Alpino della Marina Militare italiana.

Rosa, lei sta vivendo l’incubo di suo marito disperso nell’atlantico, ma sul suo profilo Whatsapp c’è scritto «si vive di sogni»: me lo racconta, il vostro sogno?

«Quella mia e di Aldo è una storia d’amore nata sul mare, talmente legata alla passione per la vela che la nostra bimba di 4 anni, Maria Sole, l’abbiamo concepita durante una traversata oceanica. È la storia di una coppia che ha vissuto l’avventura che tante persone sognano: quella di mollare gli ormeggi, di partire su una barca a vela per luoghi esotici e lontani, senza impegni e limiti temporali. Purtroppo questo sogno si è interrotto il 2 maggio, quando ho perso il contatto con Aldo, disperso nell’oceano con il suo migliore amico, Antonio Voinea».

Com’è iniziata la vostra favola?

La vicenda

● Aldo Revello, skipper di Castelnuov­o Magra

(La Spezia), è disperso nell’atlantico dal 2 maggio con un amico, il trentenne romeno Antonio Voinea. Rientravan­o dalla Martinica su una barca a vela di 14 metri

● La moglie di Revello, Rosa Cilano, ha lanciato l’allarme dopo aver perso i contatti con lui. I due uomini sarebbero naufragati tra le Isole Azzorre e le coste portoghesi. Si spera che siano su una zattera

«Io e Aldo ci siamo conosciuti nel 2000, a causa della comune passione per il mare. Io all’epoca vivevo a Milano, ma seguivo dei corsi di subacquea. Poi mi sono recata in Liguria per l’esame di fine corso e lì ho conosciuto Aldo, che era anche istruttore subacqueo, oltre che un valente velista. Lui era un affascinan­te 36enne, io una 20enne di città che andava pazza per il mare: l’attrazione è stata subito forte, ma siamo rimasti amici a lungo. “Best friend” per 9 anni, anche se io avevo perso la testa: poi lui si è reso conto che esistevo. Nel 2009 ci siamo messi insieme e io sono scesa a vivere con lui a La Spezia, a Bocca di Magra: all’inizio vivevamo in una barca a vela che lui si sera comprato e che voleva risistemar­e».

Una vita romantica e bohémien...

«Nel 2011 ci siamo sposati e nel 2012 abbiamo deciso di fare una traversata atlantica da La Spezia ai Caraibi: durante quel meraviglio­so viaggio abbiamo concepito nostra figlia. Due mesi incredibil­i, con altri due carissimi amici e con una coppia di spagnoli in viaggio di nozze caricati alle Canarie: volevano fare il giro del mondo. Quella che si chiama una “traversata-sirena”. Sbarcati a St. Martin sono tornata a casa in aereo, col mini-pancino. Maria Sole è nata nel 2013».

Poi avete deciso di lavorare insieme?

«Si, Aldo era skipper profession­ista già dal 2006 e abbiamo deciso di creare una nostra società di charter. Prima abbiamo avuto un Jeanneau 42, poi una barca più grande, il Beneteau Oceanis Clipper 473. Alla nostra piccola famiglia — di cui fa parte Kimberley, 17 anni, che Aldo ha avuto da una precedente compagna — si è unito un ragazzo, Antonio Voinea, trasferito­si dal Veneto a La Spezia per la passione del mare».

Cosa può essere successo, quali sono i pericoli maggiori in una traversata atlantica?

«Il maltempo — ma quando sono scomparsi il meteo era buono — poi i container che cadono dalle navi cargo: restano semi-affondati, a pelo d’acqua. Ci sono poi le balene. E le collisioni con altre barche o navi».

Cosa le fa pensare che siano vivi?

«L’epirb dell’imbarcazio­ne (Emergency position indicating radio beacons, il dispositiv­o di allarme, ndr) non si aziona a contatto con l’acqua, ma manualment­e. Questo significa che Aldo e Antonio hanno avuto il tempo di scendere sotto coperta e poi di risalire per lanciare la zattera di salvataggi­o. Se prima ero sicura al 90 per cento che fossero su una zattera, adesso lo sono al 100 per cento».

Secondo lei è una situazione simile a quella dell’incidente di Fogar e Mancini, trovati due mesi e mezzo dopo?

«Ci sono infiniti casi di persone che sono sopravviss­ute su una zattera anche oltre 70 giorni, come capitò nel 1978 ad Ambrogio Fogar che rimase alla deriva per 74 giorni con Mauro Mancini. Continuate le ricerche, l’italia e il Portogallo ci aiutino. Ci sono una bimba di 4 anni e una ragazza di 17 che stanno aspettando il loro papà».

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