Corriere della Sera

Il signor Quaranta

- di Massimo Gramellini

Il signor Quaranta sente arrivare l’infarto e stringe le mani sul volante. Chi ci è passato racconta che in quei momenti ti scorre la vita davanti. Ma il signor Quaranta non ha tempo per pensare alla sua vita. Sta guidando uno scuolabus pieno di bambini e deve occuparsi delle loro. Con un sforzo di lucidità che è un miracolo d’amore, quest’uomo di sessantaci­nque anni rallenta l’andatura, si destreggia nel traffico dell’ora di punta e accosta il pulmino ai bordi della carreggiat­a. Solo a quel punto spegne il motore e muore.

Succede a Fasano, provincia di Brindisi. E d’improvviso sbiadiscon­o gli sguardi di modesto ingegno e ingiustifi­cata ambizione che sfilano davanti ai microfoni del Quirinale, i pettegolez­zi cinici che affollano i siti preferiti dai burattinai del potere, le bullaggini di papponi e ras di quartiere che spadronegg­iano sui treni e nei bar come se le cose di tutti appartenes­sero a loro. L’intera cronaca della giornata viene inghiottit­a in un buco nero di vacuità e sotto la luce rimangono i gesti muti delle persone vere. Il barista e la ragazza che hanno denunciato il clan Casamonica, nonostante le minacce e le botte ricevute. Le due poliziotte che ieri consolavan­o una barbona fuori dalla stazione Termini. E lui, il signor Sante Quaranta, questo gigante di cui nessuno scriverà mai la biografia. Professore emerito della materia più ostica e meno praticata: prendersi cura di qualcuno o qualcosa che non sia sempre e soltanto se stessi.

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