Le urne mettono fretta al Pd Accelerazione del partito per scegliere il nuovo leader
Spinta per candidare Gentiloni, ma Palazzo Chigi smentisce
La grande paura del voto anticipato stempera tensioni, sospetti e veleni e, per un giorno almeno, ricompatta i dem. «Se andiamo a votare a luglio la sopravvivenza del Pd è a rischio» spiegava ieri mattina un dirigente renziano, dopo la riunione di due ore che ha visto correre al Nazareno il reggente Martina, i capigruppo Delrio e Marcucci, il presidente Orfini e poi Rosato, Guerini, Cuperlo, Fassino, i ministri Minniti, Franceschini, Calenda, Orlando e Antoci al posto di Emiliano.
Mancava solo Matteo Renzi, che ha scelto di disertare il «caminetto» di emergenza per evitare attriti tra le opposte fazioni. Alla fine i dem ne sono usciti senza plateali risse e con una linea condivisa da portare al Quirinale: «Sostegno totale al presidente Mattarella», del quale il reggente Maurizio Martina ha dichiarato di condividere il richiamo alla responsabilità.
La decisione di scendere dall’aventino per sottolineare l’«irresponsabilità» della Lega e del M5S, se dovessero sfilarsi, è condivisa anche da Renzi, che in serata ha fatto trapelare il suo apprezzamento per il discorso del capo dello Stato. Per Ettore Rosato il presidente «ha messo tutti nella condizione di ripartire» e i partiti dovrebbero «rispondere con attenzione e saggezza» alla sua richiesta di tirar fuori il Paese dallo stallo istituzionale.
Adesso però, per le diverse anime del Pd, il tema cruciale è chi gestirà le liste elettorali. Ai renziani non piace l’idea di un triumvirato trapelata nelle ultime ore, sia perché lo Statuto non lo prevede sia perché il senatore di Firenze non ha alcuna intenzione di perdere il comando dei gruppi parlamentari. Renzi vuole che a proporre alla direzione i nomi degli aspiranti parlamentari — che nei suoi piani sarebbero in larga parte gli stessi eletti il 4 marzo — sia un segretario
Condividiamo il richiamo del presidente Mattarella Ci auguriamo venga ascoltato Maurizio Martina
nel pieno delle sue funzioni.
Se si voterà in autunno i renziani daranno battaglia per indire le primarie, con la speranza che il loro leader possa tornare in campo. Se invece le elezioni dovessero esserci già a luglio non ci sarebbero i tempi tecnici per organizzare i gazebo e Nicola Zingaretti e Matteo Richetti dovrebbero spegnere i motori. Il nuovo leader sarebbe eletto nell’assemblea nazionale, che potrebbe essere convocata già per il 19 e 20 maggio. Maurizio Martina è in campo e Renzi potrebbe convincere Lorenzo Guerini a sfidarlo.
Palazzo Chigi ha smentito come «fantasiose» le ricostruzioni su «futuri ruoli cui aspirerebbe o sarebbe destinato Paolo Gentiloni». E d’altronde le critiche del premier uscente sul «gran rifiuto» di Renzi al M5S hanno lasciato il segno. Eppure tra i dem sono molti a fare il suo nome, come segretario «di tutti» o anche solo come candidato premier, in grado di allargare la coalizione di centrosinistra anche a Leu. Da statuto il segretario è anche il candidato premier, ma dopo la batosta elettorale ha cominciato a filtrare la tentazione di separare i due ruoli.
La paura di disintegrarsi nelle urne è tale che i dem, dopo settimane di scontro feroce, sono alla ricerca di un nome che sigli l’armistizio e metta tutti d’accordo. I renziani insistono su Graziano Delrio, ma il ministro continua a dirsi pronto a dare una mano, ma indisponibile a correre da segretario. Si fa dunque largo l’idea di un accordo complessivo che comprenda il leader, i tempi del congresso, il candidato premier e la struttura di vertice del partito. Per la segreteria finiscono nel frullatore del Transatlantico di Montecitorio anche i nomi di Maurizio Martina, Ettore Rosato, Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani. Ma è chiaro che, se l’emergenza dovesse provvisoriamente sopire i rancori e suggerire una gestione collegiale, il «pacchetto» dovrebbe tenere dentro anche le aree di Franceschini, Orlando ed Emiliano.
Nel partito Se ci saranno le urne a luglio, l’assemblea nazionale potrebbe essere il 19-20 maggio