Tra vacanze e scuole chiuse, le (mai viste) urne di luglio
Fossero il 15, capiterebbero nello stesso giorno della resa di Napoleone (1815) e anche della finale del Mondiale di Russia. Toccasse al 22, si celebrerebbero nella stessa data dei primi giochi olimpici e nel quarantunesimo anniversario dal ritorno al potere di Deng Xiaoping in Cina. Numeri e ricorrenze a parte, da ieri sera le elezioni a luglio non sono più un’ipotesi campata in aria. Al contrario, il «bene che ti voglio» collettivamente tributato al settimo mese dell’anno attraverso la nota canzone di Riccardo Del Turco, potrebbe lasciare il passo ai veleni del secondo dopoelezioni nel giro di pochi mesi. Non si è mai votato per le Politiche d’estate. Al contrario, durante la Prima Repubblica i mesi estivi erano l’occasione per infilare nell’agenda della politica le pratiche più spinose. Tanto, diceva Bettino Craxi, «il generale agosto farà il resto». Dal generale agosto si rischia di arrivare al colonnello luglio. Con tutti gli effetti collaterali che il combinato disposto tra scuole chiuse e famiglie in vacanza rischia di scaricare sull’affluenza e sul risultato. «Sintesi della giornata: nuove elezioni il 25 luglio, prima riunione delle Camere l’8 settembre», twittava ieri l’ex ministro Gaetano Quagliariello evocando il Gran consiglio che sfiduciò Mussolini e l’annuncio dell’armistizio firmato dal governo Badoglio con gli alleati. Oggi i colpi d’occhio più vistosi rischiano di essere le tracce di salsedine sulla tessera elettorale, le infradito che spuntano dalla cabina e le maglie sudate dell’elettore stanco, come il Verdone che accompagnava al seggio la sora Lella.