Corriere della Sera

AUMENTANO LE INCOGNITE STRATEGICH­E E FINANZIARI­E

- di Massimo Franco

L e elezioni ora appaiono più vicine. Ma non lo sono necessaria­mente. Di certo, lo scenario peggiore evocato come ipotesi di scuola non si può escludere. Il modo in cui Movimento Cinque Stelle e Lega hanno letto il proprio successo elettorale porta diritto a nuove urne. I cosiddetti «vincitori» indicano l’8 luglio, addirittur­a. Ma la possibilit­à che si voti prima di fine luglio non esiste: lo ha fatto presente ieri sera il capo dello Stato, Sergio Mattarella, elencando i rischi del voto anticipato e ipotizzand­o un «governo neutrale»: idea bocciata da M5S e Carroccio, schierati entrambi contro il Quirinale.

Si capirà presto se si tratta di sintomi di un conflitto istituzion­ale strisciant­e. Le perplessit­à su un ritorno-lampo alle urne sono politiche e finanziari­e: quanto una scadenza fissata a estate inoltrata influirebb­e sull’astensioni­smo; e quanto l’assenza di un governo possa creare un vuoto rischioso. Si delinea un «esecutivo di servizio», di fatto elettorale: sempre che nel frattempo i partiti non trovino l’intesa mancata finora. L’incognita delle urne a ottobre, dunque, rimane intatta: con tutti i rischi per l’aumento dell’iva e la legge finanziari­a del 2019, che questo implica.

L’incapacità di fare i conti con un’affermazio­ne che non è stata una vittoria, e di adattarsi a un sistema non maggiorita­rio ma proporzion­ale, verrebbe scaricata sul Paese. Il «tanto peggio» che porta all’assenza di una maggioranz­a diventa il «tanto meglio» di chi conta di crescere sulle macerie di una legislatur­a mai iniziata. I tentativi di Mattarella sono andati a vuoto. Piuttosto che trascinare l’incertezza, il Quirinale prende atto dell’impotenza dei partiti.

Luigi Di Maio e Matteo Salvini nascondono il vicolo cieco nel quale si sono infilati e hanno costretto l’italia, additando le urne. Nessuno dei due aveva una maggioranz­a. Eppure entrambi si sono mossi come se l’avessero; e continuano a farlo. Confidano su elezioni che, nel loro schema, dovrebbero accentuare il carattere di «ballottagg­io» tra Cinque Stelle e Lega, facendo terra bruciata delle altre formazioni: in primis FI e Pd, spaventati dal voto eppure non in grado, per motivi diversi, di spezzare la tenaglia.

La sensazione è che Salvini stia giocando abilmente con la fretta di Di Maio di fare un governo, o di rivotare. Lo confermano aperture e chiusure leghiste sul «passo di lato» di Berlusconi. Salvini, convinto di vincere, ipotizza date e chiede un governo «politico», sapendo di mettere in difficoltà Mattarella. Si sottovalut­a il rischio di lasciare l’italia in un limbo anche strategico; e di esporla alla speculazio­ne finanziari­a, destabiliz­zando il confine mediterran­eo del continente: prospettiv­a esiziale, ma forse non sgradita ai nemici dell’europa e della Nato.

Lo scontro istituzion­ale Il no a Mattarella di Movimento 5 Stelle e Lega delinea uno scontro istituzion­ale sulla data del voto e sul ruolo del Quirinale

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