Corriere della Sera

Competizio­ne snaturata dalle scelte di Frémaux

- Di Paolo Mereghetti

Davvero sarà l’anno del nuovo corso? Il direttore Thierry Frémaux ne è sicuro, anche se qualche dubbio non riesce a nasconderl­o. Imporre che la serata di gala, quella alla presenza del regista e delle star, sia una prima assoluta (quindi niente anteprime per la stampa o il mercato) rischia di snaturare la natura stessa del festival, da gara per l’eccellenza artistica a trampolino per l’uscita nelle sale. Il festival lo farebbe per difendere il «sistema cinema» che ai francesi sta molto a cuore (e a ragione, visti gli ottimi risultati al botteghino, leader in Europa) e che li ha spinti a un braccio di ferro con Netflix — solo i film che escono in sala possono partecipar­e al concorso — finito con due sconfitti: la società americana che non ha nessun titolo a Cannes ma anche il festival, che sperava di selezionar­e il nuovo film di Alfonso Cuarón e soprattutt­o di presentare il film inedito di Orson Welles, The Other Side of the Wind, finalmente tornato a vivere grazie ai soldi del marchio televisivo. Per non parlare della grande lontananza tra le date del festival e il periodo della corsa alle nomination per l’oscar, che ha spinto i produttori americani del regista francese Jacques Audiard a negare la proiezione del suo western The Sisters Brothers (e che speriamo invece di vedere a Venezia, ormai considerat­a il vero trampolino verso la statuetta dell’academy). Come dire che le leggi del mercato cinematogr­afico e l’evoluzione dei suoi mezzi di produzione hanno innescato cambiament­i che Cannes fatica a governare (mentre gli altri festival si accontenta­no di assecondar­e) e che rischiano di far passare in secondo piano la qualità dei film e della selezione. Che invece sulla carta sembra interessan­te, con nomi non scontati (il russo Serebrenni­kov, il polacco Pawlikowsk­i, l’americano Mitchell, il francese Brisé) qualche maestro capace ancora di sorprender­e (Spike Lee, Jia Zhangke, Nuri Bilge Ceylan, Jafar Panahi, Lee Chang-dong, l’imprevedib­ile Jean-luc Godard) e due italiani che non hanno mai deluso, Matteo Garrone con Dogman e Alice Rohrwacher con

Felice. Lazzaro

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Coppia Cruz, 44 anni, e Bardem, 49

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