Pozzovivo, come reinventarsi una carriera a 35 anni
Gregario di Nibali con licenza di osare, si è scoperto cronoman ed è l’unico italiano tra i primi dieci
CATANIA Che ci fa Domenico Pozzovivo (unico italiano) nei primi dieci della classifica generale del Giro dopo la tre giorni israeliana? Come ha potuto, lui che le cronometro di solito le pedala in slow motion, battere Froome e Martin a Gerusalemme? Come ha fatto un peso piuma (57 chili) a non volar via nel vento del deserto? Cos’è cambiato, a 35 anni, nelle gambe e nella testa del lucano, oggi nono a 28” dal leader Dennis?
Lo scorso autunno Pozzovivo ha salutato l’ag2r, dove correva dal 2013, per approdare alla corte araba di Vincenzo Nibali, cui serviva un guardaspalle per il Tour. E siccome il Pozzo a non gareggiare si annoia, ha chiesto di correre anche il Giro d’italia. Dei suoi allenamenti ora si occupa Paolo Slongo, coach e mentore dello Squalo. «Domenico — spiega Slongo — viene da un team dove era battitore libero, indipendente e direi anche un pochino abbandonato a se stesso. Lo sponsor non aveva in catalogo una bici da cronometro abbastanza piccola per lui e lo costringeva ad adattarne una da strada. Noi gliel’abbiamo costruita su misura: la differenza in termini di aerodinamicità già si vede. Poi, pedalando e ragionando sempre da solo, tendeva un po’ a strafare, a esagerare con ritmi e chilometri. Ora abbiamo razionalizzato i suoi allenamenti, che pure erano impostati bene perché Domenico è intelligente e curioso. Adesso lavora un po’ meno e un po’ meglio e modera gli eccessi di una pignoleria che lo stressava troppo. Ok al digiuno alternato per essere più leggero, ma senza rischiare di morire di fame». La prima parte della stagione del lucano è stata strepitosa. Secondo al Tour of the Alps alle spalle di Pinot, ha messo alla frusta Froome e Aru in salita in tutte le tappe, quinto alla Liegi-bastogne-liegi, fortissimo appunto nel primo weekend del Giro. Ora il lucano potrebbe stupire anche nella tre giorni siciliana. La sua giornata è quella di dopodomani sull’etna, con una salita finale ripida già nelle prime rampe e resa più dura dai tanti saliscendi da affrontare prima di raggiungerla. «Con gente come Dumoulin, Froome e Pinot in circolazione — spiega Slongo — restiamo con i piedi ben saldi per terra. Ma se c’è un anno in cui Pozzo può puntare al podio è davvero questo».