Lerner e «La difesa della razza», esempio di servizio pubblico
N el presentare il programma di Gad Lerner «La difesa della razza», il direttore di Rai3 Stefano Coletta aveva dichiarato: «Penso che questo programma sia un atto necessario in tempi scellerati, anche perché alle nuove generazioni manca una base culturale forte» (Rai3, domenica, ore 20.30).
Il programma va giudicato solo in questi termini, come esempio di servizio pubblico. Andrebbe discusso nelle scuole (ma i professori sono in grado di sostenere un simile argomento?), andrebbe portato in giro (ma dove, esistono ancora circoli, organizzazioni che hanno voglia di discutere?), andrebbe… Prendiamolo come un sasso lanciato nello stagno. Nella terza puntata, Lerner è partito da Sesto San Giovanni, la ex Stalingrado d’italia, passata al centrodestra alle ultime elezioni, e ora in subbuglio per la costruzione di una grande moschea. Anche al circolo dopolavoro Progresso, storico luogo d’incontro operaio, sotto il ritratto di Enrico Berlinguer gli ex lavoratori si dicono contrari alla moschea e più in generale ai circa 5000 islamici che vivono a Sesto. È un segnale da tenere presente? È solo pregiudizio?
Poi Lerner si è trasferito in Francia, a Trappes, a 30 chilometri da Parigi. In questo comune della banlieue la crisi economica ha spianato il campo al comunitarismo islamico. Oltre la metà dei 30 mila abitanti di Trappes oggi è di fede musulmana. Dalle frange islamiche più radicalizzate di questa cittadina sono partiti per la Siria ben 68 foreign fighters. Persino i nipoti di Maurice Thorez, ex segretario del Partito comunista francese, si sono convertiti all’islam.
Ariane Chemin, giornalista di Le Monde, spiega la storia dell’islamizzazione di Trappes e un professore di filosofia del liceo descrive come sono radicalmente cambiati i comportamenti dei suoi studenti. Come dobbiamo comportarci di fronte a questi cambiamenti epocali? Sono davvero tempi scellerati?