L’eden di Lo Giudice abita a New York
Dopo il Museo di Stato russo di San Pietroburgo, il Maxxi di Roma e la Fondazione Ekaterina di Mosca, approda a New York Eden, pianeti lontani, la personale di Marcello Lo Giudice, in calendario fino al 15 giugno nella sede newyorchese della galleria Opera Gallery.
Artista di punta del neoinformale europeo, in questa personale Lo Giudice espone i suoi lavori più recenti: una produzione che attinge anche al passato del pittore e ai suoi studi universitari che, prima che all’accademia delle belle arti di Venezia, lo hanno portato alla laurea in Geologia a Bologna. Dunque materia e cromatismo assoluto, colori vivi e «terrosi» — blu, rossi, gialli — per raccontare la natura e le sue suggestioni primordiali.
Definito «pittore tellurico» dal critico d’arte francese Pierre Restany, ora scomparso, Lo Giudice mette nelle opere in mostra a New York — la serie degli Eden, pitture monocromatiche dipinte su tela con oli e strati di pigmenti puri — tutto il suo legame con la materia primigenia e l’energia della luce. Ne vengono fuori tele di grandi dimensioni che evocano paesaggi lontani nel tempo e nello spazio, paradisi incontaminati — gli Eden — in cui i colori accesi oltrepassano i confini tra il reale e l’irreale.
La mostra cade in un periodo dell’anno, maggio, in cui le grandi aste di Christie’s e Sotheby’s portano la città al centro degli interessi del mercato e del mondo dell’arte contemporanea. Un mondo in cui Lo Giudice — siciliano di Taormina, da tempo più noto all’estero che in patria — è stato negli ultimi anni al centro dell’attenzione con quotazioni arrivate a sfiorare i 100 mila dollari. Diviso tra Milano (dove ha il suo studio), Parigi e Noto, Lo Giudice è approdato all’informale negli anni Ottanta, dopo una breve esperienza concettuale: «L’informale — ha detto — per me ha un ruolo fondamentale perché si abbandonano le forme e le figure che con le loro linee e contorni ben definiti chiudono un po’ la fantasia creativa del pittore».