Il cuore della Rete
Una coppia di torinesi con tre bambini a carico perde il lavoro e la casa, riducendosi a dormire in automobile. Un collaboratore intraprendente (si chiama Enrico Galletti e va ancora al liceo) raccoglie la loro storia e il Corriere la pubblica. Alessandra e Alessandro non chiedono elemosina, ma lavoro e giustizia, sotto forma di stipendi arretrati mai corrisposti. Il web si immedesima nel loro dramma e si accende. La rapidità e l’emotività, che sono i suoi limiti, stavolta si trasformano in pregi. Un tempo la solidarietà aveva i tempi delle raccomandate. Adesso in un attimo arrivano cibo, vestiti e offerte di pernottamento, di impiego e di tutela legale. La Rete è così: agisce di impulso e la vicenda degli sfrattati ha tutto per colpirla al cuore. Ci sono bambini piccoli, adulti pieni di dignità e un’immagine evocativa, senza la quale ormai le parole sono suoni sfuggenti. La foto della famigliola dentro l’auto ridotta a capanna di sopravvivenza è un incubo sbattuto in faccia a chi guarda e la generosità istantanea diventa il modo più nobile per esorcizzarlo.
Non è che la Rete sia diventata improvvisamente buona, come non era cattiva quando sembrava popolata soltanto di bufale e insulti. Il web è un propagatore istantaneo di emozioni e la sua velocità lo rende insieme provvidenziale e pericoloso. Un bolide senza cinture di sicurezza che sfreccia a duecento all’ora dentro le nostre viscere per spremerne tutta la meraviglia e l’orrore di cui siamo capaci.