I tre Kim verso casa: dal gulag al brindisi
PECHINO Le vicende di singoli uomini sono spesso trascurate di fronte all’importanza di momenti storici. Ieri, al 39° piano dell’hotel Koryo di Pyongyang, Mike Pompeo ha pranzato con i delegati nordcoreani che stanno negoziando prima del vertice tra Kim Jong-un e Donald Trump. Data e luogo stabiliti. Quell’incontro sarà Storia e Pompeo durante l’immancabile brindisi ha detto: «Tutte le opportunità che il vostro popolo merita si realizzeranno» in cambio della denuclearizzazione. E ancora: «Per decenni siamo stati avversari, ora abbiamo la speranza» di chiudere il capitolo della guerra. In quei minuti, da qualche parte a Pyongyang i tre prigionieri ancora forse non sapevano di essere liberi. I tre detenutiostaggi sono cittadini americani di origini coreane, si chiamano Kim, come il Maresciallo che li ha usati per molti mesi per il suo ricatto. Kim Haksong era professore all’università di Scienza e Tecnologia di Pyongyang. Lo avevano arrestato il 6 maggio del 2017 mentre stava per prendere un treno per Pechino. L’accusa: «Atti ostili» non precisati. Il secondo si chiama Kim Sang-duk, Tony per gli amici, 55 anni, anche lui docente universitario e impegnato in programmi umanitari con un orfanotrofio in Nord Corea. Arrestato nell’aprile del 2017 per «spionaggio». Tony Kim era all’aeroporto con la moglie, pronto a imbarcarsi per Pechino quando è stato bloccato. I nordcoreani arrestano spesso i loro bersagli al momento della partenza, per dare un colpo al loro morale quando pensano di non avere più problemi. Il terzo è Kim Dong-chul, pastore evangelico, sessantenne, famiglia in Virginia. Catturato nel 2015 con l’accusa di spionaggio e condannato a 10 anni di lavori forzati. Prima del processo i nordcoreani gli avevano fatto confessare: raccolta di segreti militari in collusione con l’intelligence sudcoreana. Un’accusa respinta da Seul.