Corriere della Sera

Def, il conto salato dei derivati e il faro della Corte dei conti

Rosso di 5,7 miliardi. Ex direttori del Tesoro a giudizio: danni erariali

- di Milena Gabanelli

Nel 2017 la spesa per interessi sui contratti derivati dello Stato è stata di 4,6 miliardi di euro. È quanto si apprende dal Def licenziato dal ministero dell’economia a fine aprile, nel quale leggiamo anche che sui medesimi contratti ci sono stati ulteriori esborsi (non da interessi) per 1,16 miliardi. Il costo complessiv­o nel 2017 ammonta quindi a 5,76 miliardi, più del 2016 quando i derivati ci sono costati 5,2 miliardi. Parliamo di oltre 10 miliardi negli ultimi due anni, poco meno dell’importo delle clausole di salvaguard­ia sull’iva per il 2019 (12,4 miliardi).

Perché stiamo perdendo tutti questi soldi?

Il ministero giustifica queste perdite con l’andamento sfavorevol­e dei tassi di interesse, la cui discesa imprevedib­ile avrebbe penalizzat­o il nostro Paese. Se si sono persi tutti questi soldi vuol dire che non erano a copertura di un rischio, come il Tesoro ha sempre sostenuto, ma una scommessa — nella direzione sbagliata — su un rischio, che ha causato, e continuerà a causare un salasso. Va detto che dal 2014 l’europa ha cambiato le regole contabili, per cui non è più possibile utilizzare derivati a copertura del deficit. Intanto quelli in essere si prolungano, e ad oggi le future perdite potenziali superano i 31 miliardi di euro, e 4,3 miliardi — stima il ministero — li pagheremo nel 2018.

La patata bollente passa al nuovo governo (quando ci sarà)

Tra le righe del Def si scopre anche una new entry: si tratta delle «erogazioni attese connesse con l’avvio del sistema di garanzie a fronte dell’attività in derivati» previste da un decreto firmato da Padoan il 20 dicembre 2017. In pratica, con questo decreto il ministro ha deciso di garantire le banche-contropart­i dal rischio che l’italia non paghi le perdite sui derivati. Come? Mettendo su un conto 1,3 miliardi, da trasferire alla banca con cui ha stipulato i contratti, se i nostri conti dovessero peggiorare. Ma perché un governo uscente si è lanciato in un provvedime­nto di amministra­zione straordina­ria? Per evitare che la banca chieda quest’anno l’estinzione anticipata di un contratto che sta perdendo proprio circa 1,3 miliardi. Con la garanzia di un conto a cui può attingere in qualunque momento, rimanderà l’operazione di qualche anno. Magari le cose andranno meglio, e se invece andranno peggio sarà un problema del prossimo governo. Una cosa è certa: il problema di molti derivati sta proprio nelle clausole capestro che prevedono il rimborso anticipato, dove a rischiare è solo lo Stato. Il famoso caso Morgan Stanley, che nel 2004 ci aveva dato 47 milioni, ci costò 3,1 miliardi a inizio 2012.

Interviene la Corte dei conti

Ora con il faro acceso della Corte dei conti, queste cose non passeranno più inosservat­e. Il processo per danni erariali non vede infatti indagati solo la banca d’affari americana ma anche il direttore generale del Tesoro, Vincenzo La Via, due ex ministri dell’economia Tesoro (Domenico Siniscalco e Vittorio Grilli), e Maria Cannata. La richiesta danni è miliardari­a, (impossibil­e incassarli dai dirigenti del Tesoro), ma soprattutt­o crea un precedente per cui il burocrate di turno ci penserà due volte prima di liquidare sull’unghia esborsi miliardari alle banche. A maggior ragione se chi gestisce queste questioni sono sempre le stesse persone.

Il direttore del debito è andato in pensione... anzi no

Maria Cannata è stata responsabi­le del debito pubblico dal 2000 fino allo scorso febbraio quando, raggiunti i limiti di età, è andata in pensione lasciando il testimone al suo vice, Davide Iacovoni. Ma il rapporto fiduciario con Maria Cannata è tale che il ministero le ha fatto subito un contratto di consulenza (ovviamente a titolo gratuito) che le garantisce ancora pieno spazio di manovra nella gestione del debito e dei derivati. Forse se il controllo dei magistrati contabili fosse anche preventivo anziché solo a posteriori, magari istituendo una struttura di risk management, qualcosa cambierebb­e. Serve però un Parlamento operativo, e un governo.

Forse il controllo dei magistrati contabili dovrebbe essere anche preventivo, non solo a posteriori

Il problema delle clausole capestro che prevedono il rimborso anticipato

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