Il passato e il futuro dell’europa. In una app
Duemila studenti commentano il «Manifesto di Ventotene» grazie a una piattaforma digitale. Oggi la presentazione
un lettore si aspetta da me. Non volevo adagiarmi, avevo voglia di cambiare».
Le capita anche nella vita reale? Che fa quando non scrive?
«In realtà lavoro quasi sempre, scrivo praticamente tutti i giorni, qui a Ginevra, nel mio ufficio. Due anni e mezzo è il tempo che mi ci vuole per terminare un libro. In meno di due anni è impossibile. E anche quando vado in vacanza, ho sempre con me il mio taccuino per prendere appunti. Per il resto, amo leggere, guardare dei film, fare sport. Corro!».
Vita in famiglia?
«Qui a Ginevra ho tutta la mia famiglia, i genitori, i fratelli, gli amici di sempre. È il luogo dove torno sempre, dopo i tour di promozione dei libri. Mi riposo, rifletto».
E a casa si aspettavano questo enorme successo?
«Non è argomento di conversazione con i miei. Scrivere è il mio mestiere. Ciò che mi lega alla famiglia è chi sono io. Je suis Joël, sono Joël innanzitutto. Potrei fare il veterinario, il pompiere, il conducente di camion. A casa resto Joël. Sì, certo, qualcosa è cambiato con il successo nella mia vita. Ma alla fine niente è cambiato. Lavoro esattamente come prima. La mia routine è rimasta la stessa».
Però prima gli editori rifiutavano le sue opere: in famiglia non le suggerivano di dedicarsi ad altro?
«I miei genitori mai. Ma gli amici, quando dicevo voglio fare lo scrittore, rispondevano: scrittore? Oh la là, ma è molto difficile. Così mi sono sempre tenuto un piano B e anche uno C, mi sono laureato in Legge e non mi sono preoccupato».
Forse perché dentro di sé sapeva che prima o poi avrebbe sfondato?
«Come avrei potuto esserne certo, dopo 5 romanzi respinti consecutivamente?».
Dunque ha ancora qualche inedito nel cassetto: quando uscirà?
«Non adesso, non subito. Forse dopo che sarò morto. Sono ancora troppo giovane per fare apparire le mie opere giovanili, non crede?». L’evento
● L’incontro Un giorno, Betwyll: per andare oltre i confini della lettura si tiene oggi al Salone di Torino alle 15.30, Arena Bookstock. Intervengono: Paolo Costa, Edoardo Montenegro, Corrado Pizzi e Pierluigi Vaccaneo
«Bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge». Al confino a Ventotene, perché antifascisti, nel 1941 Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrissero Il Manifesto per un’europa libera ed unita. Dal 19 marzo al 21 aprile lo hanno ripreso in mano e commentato 2 mila studenti di oltre 100 classi delle superiori italiane, da nord a sud, attraverso Betwyll: app per la lettura condivisa che consente di pubblicare messaggi di 140 caratteri. «Tutti gli Stati devono riuscire a trovare un accordo impegnandosi per le stesse idee», scrive faccooo. «L’unione fa la forza», dice eltanqueimad. Qui accanto, le parole più usate.
«I ragazzi hanno notato che l’europa era associata a concetti come speranza, opportunità, diritti. Mentre oggi si fa più fatica a vederla così» spiega Paolo Costa, uno dei fondatori dell’associazione culturale Twitteratura, che ha ideato il metodo e la app. La riflessione prevede anche laboratori per adulti: «I prossimi a Milano e Genova, poi una mostra». L’iniziativa è di Twitteratura (che la presenta oggi al Salone di Torino, Arena Bookstock, ore 15.30); a supportarla la Compagnia di San Paolo, che sostiene anche l’area ragazzi della fiera.
Un progetto per i giovani è in linea con il tema 2018: «Un giorno, tutto questo», con cui il Salone ragiona sul futuro. E conferma l’attenzione alle scuole (27 mila gli studenti prenotati, 4 mila in più rispetto al già cospicuo numero del 2017). Sempre oggi, inoltre, primo giorno della 31ª edizione, si tiene l’evento dedicato alla Costituzione e alla rilettura degli studenti (Arena Bookstock, ore 10.30, alcuni testi su «la Lettura» in edicola fino a sabato). «Essere giovani — scrive davidetonelli — vuol dire tenere aperto l’oblò della speranza, anche quando il cielo si è stancato di essere azzurro #Ventotene».