Kenya e Ucraina sfidano le violenze
La sezione parallela Un Certain Regard si è aperta ieri con due film lontani geograficamente — uno è ambientato in Kenya, l’altro nel Donbass, in Ucraina — ma vicini tematicamente, perché raccontano entrambi la follia e l’intolleranza in cui può scivolare il nostro mondo. Innescando anche scandali e proteste, visto che il film africano è stato proibito in patria e l’altro non avrà vita facile nella Russia di Putin. Rafiki (cioè amica), opera prima della keniota Wanuri Kahiu, è il ritratto di due ragazze di Nairobi che scoprono la loro reciproca attrazione, uno scandalo che esplode in un quasi linciaggio. Girato con l’entusiasmo e l’energia che spesso contraddistingue le opere prime, coloratissimo e ben ritmato, il film racconta con delicatezza i pochi (e castissimi) momenti di intimità femminile, ma questo non ha impedito gli anatemi della censura, forse perché l’intolleranza verso chi è considerato diverso (c’è anche un giovane gay altrettanto emarginato) cresce — ci dice il film — anche grazie alla presenza di una chiesa bigotta e punitiva. Invece Sergei Loznits con Donbass (regione dell’ucraina dove dal 2014 è in atto una guerra non dichiarata tra nazionalisti e ribelli filorussi) Sorrisi
Da sinistra, Wanuri Kahiu, regista di «Rafiki», con le attrici Sheila Munyiva e Samantha Mugatsia abbandona il documentario per la finzione, raccontano tredici episodi — veri o verosimili — della «follia» di quelle terre martoriate: violenze, ricatti, soprusi (una persona chiamata dalla polizia perché gli hanno trovato la macchina rubata si vede chiedere un «riscatto» per poter riavere i suoi documenti, dopo essere stato costretto a «donare» l’auto all’esercito del popolo), paure, omicidi, dove non capisci mai bene chi sia chi — ribelle, nazionalista, semplicemente opportunista — mentre lo spettatore è trascinato in una serie di situazioni ai limiti dell’assurdo, dove può esplodere una bomba o l’autorità trasformarsi in abuso, mentre la vita è legata al caso. E forse nemmeno a quello.