Corriere della Sera

Jalilvand, un banale incidente svela un caso di coscienza

- di Maurizio Porro

Aparte Trump e altri intrighi internazio­nali, per il cinema iraniano è un buon momento. Il film di Farhadi ha aperto Cannes, in sala escono titoli molto interessan­ti, Il dubbio di Vahid Jalilvand e, dal 15 maggio, They, un altro Loro su tema «gender».

Il primo, premiato a Venezia-orizzonti per regia e interpreta­zione, racconta un caso di coscienza e l’estenuante tarlo di un dubbio che diventa sempre più schiaccian­te finché arriva in tribunale. I registi iraniani, Kiarostami in testa, hanno come primo comandamen­to il tentativo, spesso vano, di afferrare la verità, vedi Rashomon. Nel Dubbio, un medico legale ha un incidente di macchina e sbatte contro un’auto con famigliola: sembra niente di grave ma Amir, bambino di 8 anni, Protagonis­ta L’attore iraniano Navid Mohammadza­deh in «Il dubbio. Un caso di coscienza», vincitore della sezione Orizzonti del Festival di Venezia 2017 il giorno dopo muore. L’autopsia dice che è colpa di carne di pollo avariata ed il padre si avventa contro chi l’ha venduta, ma l’autopsia morale mette un tarlo nel medico che reputa causa della morte una microfratt­ura del collo.

Non avrete la soluzione pronta, ma la spinta a spiare oltre firme e date (lo dice il titolo originale), rivangando il proprio tessuto personale: da un fatto minuscolo escono le colpe di un intero sistema.

Come in altre storie di Panahi e Farhadi, c’è il gusto della dialettica, il rimbalzo di parole e silenzi, scene umanamente efficaci di confronto e la sensazione del «non detto» sociale che inficia ogni atto, lascito di un passato ingombrant­e che ora il cinema tenta di spiegare.

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