L’etna abbraccia il Giro Aru lo conosce bene Ci vuole un colpo d’ali
«Niente azioni clamorose ma con me non si sa mai...»
SANTA NINFA Pane e panelle, lassù ai 1.736 metri dell’osservatorio astrofisico, aspettano il migliore. L’etna mette in soggezione: ti guarda dall’alto in basso, imbronciato di leggenda e nuvole, pronto a spettinare la classifica del Giro d’italia al cospetto del primo, vero, arrivo in salita. Né Caltagirone né Santa Ninfa, insomma, con i loro strappi che hanno lasciato intonsa la maglia rosa di Rohan Dennis, l’australiano gentile. L’etna è un’altra roba.
La montagna aspetta l’arancia matura, Tom Dumoulin, uno nessuno e centomila Chris Froome e pure l’enfant du pays, Fabio Aru, che dentro l’abbraccio di Game Ready (il nuovo tutore elettronico che unisce la massoterapia alla crioterapia, favorendo il recupero dalla fatica: un must dopo ogni sforzo) prova a leggere una tappa chiave prima dello sbarco sul continente. «Frazione importante, piena di incognite» dice il capitano del Team Emirates, ieri al traguardo nel gruppo dei migliori mentre il colombiano Lopez, uomo da classifica, andava per prati. Qualche secondo in meno nel tascapane dopo la crono di Gerusalemme non gli sarebbe dispiaciuto, ma la nuova filosofia impone atteggiamento zen e ottimismo: «Sto cercando di adottare una mentalità diversa: non penso al passato, che non posso cambiare, guardo al futuro, che è nelle mie mani». Morale 57 secondi di ritardo dalla vetta è dove pensavi di ritrovarti oggi, Fabio? «Va bene così».
Scordatevi lo stradone pedalabile ed esposto al vento su cui Vincenzo Nibali l’anno scorso provò un’azione più per le telecamere che per la classifica: sull’etna oggi si sale da un versante inedito e più duro, «una salita che va su a gradoni, con punte al 15%, carreggiata stretta che si restringe a 5 km dall’arrivo, alternandosi tra tratti nel bosco circondati da colata lavica». Aru la conosce bene. «L’ho provata in ritiro a dicembre e poi di nuovo a febbraio, quando sono rimasto sull’etna una settimana». Serve un colpo d’ali («Non aspettatevi azioni clamorose anche se con me non si sa mai...»), un battito di vita («Non è scontato che si salirà a ruota»), un morso su un Giro fin qui volatile, che ancora non ha deciso a chi votarsi.
Che la maglia rosa cambi spalle, pare certo. «Io dico che torna a Dumoulin, anche se vedo Simon Yates ago della bilancia — è la previsione di Aru —. Certo come tifo Elia
Maglia rosa a rischio Pare certo che Dennis svestirà la maglia rosa Il pronostico di Fabio: «Tornerà a Dumoulin»
Viviani per le volate mi farebbe piacere che fosse un italiano a prendersela: Pozzovivo o Formolo. E non chiamate già fuori dai giochi Lopez: da casa non si nota, ma io che ci pedalo dentro posso garantire che è un Giro pieno di insidie, devo ringraziare la squadra se finora mi sono tenuto fuori dai guai».
Mistero Froome non è mistero per Aru. «Al Trentino ho notato che non aveva il colpo di pedale dei più forti, però è ininfluente quello che è successo fin qui: la caduta nella ricognizione della crono di Gerusalemme, i secondi ceduti a Caltagirone. Il Giro è lunghissimo per tutti, anche per Froome. Sulle grandi montagne si resetterà tutto e ripartiremo daccapo».
L’etna, la piccola montagna che fuma, è una prova tecnica di future strategie: «L’obiettivo è osservare gli altri come si muovono, e agire di conseguenza. Mi sento bene, sono sereno, ho fiducia nei compagni». La quiete prima della tempesta dello Zoncolan. Per quanto si possa stare tranquilli sulla cima di un vulcano attivo, con il magma di un Giro fluido sotto le ruote.