Corriere della Sera

Sull’etna vince la tattica A Yates la maglia rosa

Tappa spettacola­re e frenetica nelle sue fughe, si muove la classifica, ma la strada è ancora lunga Tra tattiche discutibil­i e campioni col freno a mano il vulcano premia Chaves e dà la maglia a Yates Aru solo e poco brillante ma è lì, Froome misterioso

- di Marco Bonarrigo, Cristiano Gatti Gaia Piccardi

Un colibrì sul vulcano non è uno scherzo della natura. Ci arriva, il peso leggero colombiano Esteban Chaves, dopo una fuga lunga una giornata, iniziata insieme a una trentina di coraggiosi che si sbriciolan­o per strada e conclusa per mano al compagno di squadra Simon Yates (Mitchelton Scott), dall’inghilterr­a con furore, il pistard che in 15 km di salita riscrive le gerarchie del Giro. Tappa a Chaves, maglia rosa a Yates. E le stelle stanno a guardare.

Da Paternò, pendici sudocciden­tali, l’etna pare irraggiung­ibile. È scorbutico, gelido, ostile. L’ascesa da questo versante, inedito, cambia marcia a Ragalna, dopo una curva secca a destra: carreggiat­a stretta, pendenza massima 15%, il bosco che sfida le pietre laviche. Il peccato originale degli uomini di classifica è farla andare via, quella fuga, con dentro Chaves ma non solo. Ci sono Henao e De La Cruz di Sky, Polanc (vincitore sull’etna l’anno scorso), Mori e Ulissi del Team Emirates, che sceglie di provare a conquistar­e la tappa anziché difendere un Fabio Aru cui manca brillantez­za, c’è un uomo di quasi ogni squadra ma, verguenza, nessuno dell’astana, la multinazio­nale che si sfianca per chiudere il buco e alla fine rimane con un pugno di mosche nel tascapane.

Strategie discutibil­i, frazione spaccata in due, tra chi fugge e chi insegue, dubbi immutati sui big con il freno a mano tirato: Froome che si attarda misteriosa­mente e poi torna sotto giocando con la scia dell’ammiraglia Bora, Dumoulin che non è (ancora) l’arancia meccanica dell’anno scorso (il Tour incombe minaccioso), Aru che limita i danni come aveva promesso, sembra attaccato ai migliori con lo sputo ma è lì. Gli scatti nervosi di Gesink, De Marchi e Ciccone sfarinano la fuga mentre Formolo cade e nel gruppo della maglia rosa i pezzi da novanta si marcano a uomo, più per non perdere che per provare a vincere. Aru, Pinot, Dumoulin sono soli, Froome ha con sé Elissonde, Dennis in rosa si scolora metro dopo metro.

A 5.200 m dal traguardo Chaves esce dal gruppetto e se ne va: sta bene, le alucce lo sostengono, e pensare che qualche mese fa (dopo un Tour 2017 da incubo) aveva la scapola fratturata e i medici al capezzale che gli garantivan­o che non avrebbe mai più corso in bicicletta. Sale verso l’osservator­io astrofisic­o agi-

d Aru Va meglio e sto crescendo, c’è chi ha più spunto di me, ma io sto prendendo il ritmo: serenità e fiducia, non mi sposto

le, fresco, determinat­o a regalarsi il più bel giorno della sua vita («È un sogno che ricorderò a lungo» dirà).

Ai meno tre km, tra i suiveurs, scatta Pozzovivo: tra i vivi gli risponde solo Pinot. Anzi no. Ecco Yates, biondo e secco come il fratello gemello Adam, autorizzat­o dall’ammiraglia ad andare a prendere il compagno di squadra laggiù in fondo. Con appena 17 secondi di ritardo da Dennis in crisi, Simon vede la maglia rosa in cima alla salita. E si prenderebb­e in scioltezza anche il successo di tappa, se non fosse così sportivo da lasciarlo — con un gesto d’altri tempi — al piccolo Chaves. Coperti e allineati, quasi in parata per darsi forza l’uno con l’altro, arrivano i pretendent­i a quel trono da cui, da oggi con lo sbarco in Calabria alla sgambata finale a Roma, non sarà facile buttare giù Yates. Francia, Inghilterr­a, Olanda e Italia, tutte racchiuse in un fazzoletto di 26 secondi. Nessuno drammatizz­a. Pinot, il più attivo (ora a +45” dal leader): «Quando Yates è partito ho capito che viaggiava a un’altra velocità. Io comunque avevo buone gambe, a livello degli altri». Froome, il più misterioso (+1’10”): «Buon test, contento di come è andato». Dumoulin, il più serioso (secondo in classifica generale a +16”): «Tappa piena di attacchi, difficile trarre conclusion­i». Aru, il più (a parole) serafico (+1’12”): «Sto meglio, sento che sto crescendo. C’è chi ha più spunto di me però sto prendendo il ritmo. È normale. Era solo la sesta tappa, il primo arrivo in salita. Serenità e fiducia, non mi sposto».

L’etna ha borbottato rifiutando­si di emettere sentenze. Qualche lapillo, niente lava. Senza certezze fa un freddo cane, quassù.

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Prima volta Simon Yates, 25 anni, della Mitchelton Scott: è in maglia rosa (Lapresse)
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● Oggi...
(Lapresse) Risalita Il Giro d’italia oggi lascia la Sicilia e riparte dalla Calabria con una tappa per velocisti. Domani altro arrivo in salita a Montevergi­ne di Mercoglian­o in provincia di Avellino. Poi il Gran Sasso Montmelò ● Gp di Spagna Barcellona ● Oggi...
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