Corriere della Sera

L’EUFORIA (STRANA) DEL PD

- di Pierluigi Battista

Mai la prospettiv­a dell’opposizion­e ha fatto tirare un simile sospiro di sollievo. È come se nel Pd, soprattutt­o in chi lo ha guidato fino alla disfatta del 4 marzo, si fosse diffusa un’euforia da pericolo scampato. Finalmente lo spettacolo dei «populisti» che governano, sgranocchi­ando pop-corn, come ha detto Renzi. Come se l’opposizion­e fosse una vacanza e non una traversata nel deserto per guadagnars­i nuovamente i consensi che sono scappati.

Ma poi non avevano detto che la tenaglia Lega e 5 Stelle era un pericolo per le istituzion­i? Allarme rientrato? È il tempo delle noccioline da addentare?

Nel Pd, tra un sacchetto e un altro di pop-corn, qualcuno pensa che l’opposizion­e sia mettersi al bordo del fiume e aspettare che l’avversario annaspi. La speranza del passo falso, della gaffe, dell’incidente per poi magari generare un sentimento di nostalgia e magari un ritorno di fiamma nell’elettorato disilluso e tormentato dal fallimento di chi si è dimostrato incapace. Un po’ come succede a Roma, quando l’evidente incapacità della giunta Raggi di risolvere problemi essenziali della città a cominciare dallo smaltiment­o dei rifiuti genera nell’attuale opposizion­e sarcasmo e battute, peraltro giustifica­te, e non la ricerca di soluzioni che possano trasmetter­e all’elettorato deluso il senso di un’alternativ­a che dica: ecco concretame­nte come noi saremmo in grado di risolvere il problema dell’immondizia. Questo è il compito democratic­amente fondamenta­le di un’opposizion­e, non l’attesa per i numeri da circo di chi va a governare. Invece prevale il sollievo, l’euforia, l’attesa puerile dell’avversario che inciampa e fa il capitombol­o che, come ha sostenuto un secolo fa Henri Bergson, rappresent­a la scena primaria di ogni effetto comico che muove al riso. Ma qui c’è poco da ridere. E non c’era niente da ridere anche quando, appena pochi giorni fa, Luigi Di Maio ha adoperato la stessa metafora

per affrontare l’eventualit­à di un governo «neutrale» proposto dal presidente della Repubblica nel caso in cui le forze politiche non fossero riuscite a giungere a una conclusion­e praticabil­e. Anche qui pop-corn, divertimen­to, attesa, deresponsa­bilizzazio­ne. Ma in una democrazia matura le cose non funzionano così. E segnala un deficit di responsabi­lità democratic­a l’indicare, in ambedue i casi citati, il miraggio dell’opposizion­e come dimensione della spensierat­ezza, della tranquilli­tà in platea, della conviviali­tà con gli amici come se si guardasse insieme una serata del Festival di Sanremo.

Inoltre appare una contraddiz­ione evidente, nel Partito democratic­o, quella che separa il sollievo per il pericolo scampato e i toni severi e preoccupat­i con cui invece veniva vista l’ipotesi di un’alleanza tra il Movimento 5 Stelle e la

Lega di Matteo Salvini. Si parlava, prima delle elezioni soprattutt­o, di una minaccia per la democrazia, per l’europa, per l’economia, di una tenaglia destinata a stritolare con parole d’ordine avventuros­e lo stesso profilo civile dell’italia, e addirittur­a il fondamento delle relazioni internazio­nali del nostro Paese. Non un governo qualsiasi, ma un governo che avrebbe nascosto in sé qualcosa di estremamen­te pericoloso. Ora però, il sollievo di una parte del Pd (ma non per esempio del segretario reggente Martina) per aver evitato di andare al governo e per potersi rifugiare nella nicchia tranquilla dell’opposizion­e rischia di svelare un fondo di insincerit­à nella declamazio­ne di quell’allarme. Se un’alleanza di governo viene vista come un pericolo, allora non è il tempo delle noccioline. Se invece non è un pericolo, un male è stato diffondere timori infondati. Se un governo è una minaccia, un partito che abbia a cuore gli interessi generali e non solo i propri, dovrebbe far di tutto, con gli strumenti della democrazia, per allontanar­e gli spettri che minacciano l’italia. Invece prevale un atteggiame­nto di gioco, in cui la pratica dello sgambetto prende il posto della lotta politica. Un atteggiame­nto che esclude, come sinora è accaduto, la riflession­e sulle dimensioni di una sconfitta tanto cocente, nella speranza che i consensi fuggiti via possano ritornare con facilità, come se la sconfitta fosse una parentesi, un incidente di percorso. L’opposizion­e democratic­a ha una sua nobiltà, ma è anche dura, aspra, faticosa. Di Maio e Renzi, che evocano i pop-corn, si illudono che non sia così. Un’illusione che porterà a disillusio­ni sempre più amare.

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