Corriere della Sera

Dietro al silenzio di Bruxelles si nasconde la preoccupaz­ione per i conti

- di Federico Fubini

Non ci saranno fuochi d’artificio, non subito almeno. L’UE ha già attraversa­to abbastanza crisi politiche – i primi sei mesi di Syriza in Grecia, il nuovo autoritari­smo a Budapest e Varsavia, la Brexit – da avere già sviluppato un manuale di regole non scritte su come affrontarl­e. La prima è non reagire troppo presto, né troppo. Sia a Bruxelles che nelle altre capitali in queste ore nessuno si lascia sfuggire una parola che possa rafforzare l’euroscetti­cismo dei partiti vincitori in Italia, o permetta loro di gridare alla congiura e di atteggiars­i a vittime. Niente di tutto questo significa che i fari siano spenti. La preoccupaz­ione è subito sotto la superficie. Solo pochi giorni fa in un incontro a porte chiuse a Washington Pierre Moscovici, commissari­o Ue agli Affari monetari, è stato esplicito sul rischio che secondo lui rappresent­a la Lega di Matteo Salvini: «Non sbagliamoc­i – ha detto il socialista francese –. Non è perché Salvini sia alleato di Silvio Berlusconi che diventa di centrodest­ra. No: Salvini è alleato di Marine Le Pen e, se il suo partito diventa il primo in Italia, questo avrà un significat­o molto forte per l’estrema destra». Questa è però solo una parte dell’inquietudi­ne. Oggi in Europa è diffusa soprattutt­o l’altra, quella sulla tenuta del debito se il nuovo governo alzasse il deficit o rendesse più costose le pensioni. A questi temi ieri ha dato voce Francesco Papadia, una figura poco nota ma decisiva durante la crisi dell’euro. Direttore generale Bce per le operazioni di mercato, Papadia gestì gli acquisti di titoli per salvare il debito italiano nel 2011 e contribuì alla messa in musica del «whatever it takes» di Mario Draghi. Papadia ha visto la crisi esplodere e l’ha ricomposta stando seduto in cabina di regia. Ieri ha scritto: «Temo che gli italiani non siano consapevol­i di dove si stanno dirigendo con il nuovo governo, se si forma. I mercati finanziari potrebbero risvegliar­li alle conseguenz­e. Ho paura che possa essere spiacevole». L’ex banchiere centrale non è il solo a pensarlo. Molti si chiedono se si giungerà a un “momentosyr­iza”, come a Atene nel luglio 2015, e cosa deve accadere perché accada: quando un governo, sotto la pressione dei mercati e dei risparmiat­ori, straccia le proprie promesse assurde e si concentra sul risanament­o del Paese.

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