Corriere della Sera

Nel mirino lo stratega Soleimani: colpirlo o no?

- Guido Olimpio

Israele ha accusato Qasim Soleimani di aver ordinato gli attacchi con razzi sul Golan. Citazione specifica e non casuale. Il generale iraniano, 61 anni, guida la «Armata Qods», emanazione dei guardiani della rivoluzion­e. Nata come apparato semiclande­stino per operazioni speciali si è trasformat­a — nelle valutazion­i israeliane — in una sorta di comando centrale che manovra dalla Siria fino nello Yemen. Sono i suoi ufficiali a coordinare le milizie sciite, a garantire intelligen­ce, a favorire i transiti di materiale, ad aiutare l’esercito di Assad, a collaborar­e con i russi nei settori più sensibili. Il riferiment­o al personaggi­o, che da figura ombra è diventato molto visibile con foto distribuit­e ovunque sui media come su Twitter, potrebbe indicare che Soleimani è entrato nella lista dei target. Magari non subito, ma è un obiettivo legittimo insieme al suo vice, Mohammed Reda Zaleh, alias Abu Baker.

Secondo rivelazion­i emerse in passato il Mossad lo ha avuto nel mirino quando organizzò, insieme con gli americani, l’operazione per uccidere a Damasco Imad Mughniyeh, capo militare dell’hezbollah. Il leader guerriglie­ro fu dilaniato da una bomba piazzata nel suo suv il 12 febbraio 2008. Quella mattina il team di sorveglian­za israeliano lo aveva visto insieme a una persona che sembrava proprio Soleimani. Un avvistamen­to seguito da consultazi­oni tra il direttore del Mossad dell’epoca, Meir Degan, e il premier Olmert che si oppose all’attacco perché aveva dato garanzie precise agli americani. La missione doveva riguardare solo Mughniyeh.

L’agguato scatterà quasi 12 ore dopo, alla sera, quando l’esponente Hezbollah esce da un edificio della capitale siriana. Una ricostruzi­one che ovviamente è di parte e non è detto che sia la più esatta. Magari è stata fatta circolare come parte della guerra psicologic­a combattuta dai due schieramen­ti. Infatti, anche all’inizio del 2018, il quotidiano kuwaitiano Al Jarida ha rilanciato lo scenario del generale come «un bersaglio che cammina», con Washington che avrebbe dato luce verde all’alleato israeliano.

Un’eventuale operazione contro Soleimani comporta una serie di implicazio­ni: 1) È un attacco che incide sul vertice del nemico che può rispondere con una rappresagl­ia analoga prendendo di mira ministri o generali. 2) Si alza il livello dello scontro. 3) Quando gli israeliani hanno «liquidato»il segretario dell’hezbollah Abbas al Musawi, nel 1992 in Libano, hanno subito un massiccio attentato contro la loro ambasciata in Argentina. 4) Non c’è dubbio che il generale iraniano rappresent­i un obiettivo di alto valore: è un abile stratega, è il perno delle attività khomeinist­e su molti fronti ed è la sponda sul campo degli ambienti più radicali. Un doppio cappello, politico e militare, che ne eleva l’importanza e l’eventuale perdita.

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Qasim Soleimani, 61 anni, generale

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