LE SFIDE DELL’AMBIENTE Tibet, il miracolo della foresta che nascerà nel deserto di ghiaccio
A Nagchu, 4.500 metri di altezza, arrivano gli alberi dove non cresce nulla
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Nagchu, 4.500 metri di altezza, ha 460 mila abitanti. Nel corso degli anni erano stati spesi milioni per far crescere gli alberi ma senza successo
● Il sole
Gli scienziati, incoraggiati dal governo del presidente Xi Jinping (foto), hanno fatto nascere un viale alberato con l’impiego di energia solare che scalda il terreno e scioglie il ghiaccio PECHINO Ci sono bambini che non hanno mai visto il mare, altri la neve. Quelli di Nagchu, città del Tibet, non avevano mai visto un albero, sentito il suo profumo. Le autorità cinesi hanno provveduto a colmare il vuoto. E non è stata un’impresa da poco, perché gli scienziati venuti da Pechino, saliti sull’altopiano spazzato da venti gelidi, hanno cominciato a far nascere una foresta anche con l’impiego di energia solare che scalda il terreno e scioglie il ghiaccio che lo copre da ottobre a maggio. L’impresa è raccontata dalla stampa governativa sotto il titolo «C’era una sola città senza alberi in Cina, ora non più».
Nagchu, ex capitale del regno Zhangzhung, 4.500 metri, ora capoluogo di prefettura con circa 460 mila abitanti, è stata dotata finalmente di un viale alberato, con pini, abeti, cipressi. E si stanno sperimentando anche olivelli spinosi che resistono al freddo, alla siccità e al terreno alcalino, dicono i tecnici. Presto ci sarà una foresta artificiale vasta quanto trenta campi da calcio, dichiara il sito web del Dipartimento di scienza e tecnologia della Regione autone noma del Tibet. Intanto ci sono già circa 600 alberi, ancora bassi ma ci sono: «Un regalo verde alla popolazione», dice Migmar Tsering, capo dell’ufficio forestale.
Sembra una bella storia di successo, e dal punto di vista tecnico sicuramente lo è. Ma è accompagnata anche da dubbi sull’ispirazione politica, la sostenibilità ambientale e i costi. Il piano è stato annunciato l’anno scorso dal Quotidiano dell’esercito popolare di liberazione, che spiegava come l’assenza di alberi causa depressione nel personale militare della zona. Il giornale scriveva che i soldati di guarnigione a Nagchu, quando andavano in licenza a Lhasa, la capitale tibetana, «abbracciavano i tronchi». Stesso senso di smarrimento da assenza di alberi anche per i numerosi coloni di etnia Han (la grande maggioranza della popolazio- cinese) che sono stati mandati a popolare la zona.
Il giornale militare ricordava che nel corso degli anni erano stati spesi milioni nel tentativo di far crescere gli alberi, con sistemi vari: venivano piantati sotto tettoie di vetro, i rami protetti con membrane di plastica, curati con iniezioni di vitamine, le radici trattate con acqua tiepida. Niente.
Negli anni 90 andò in visita Al lavoro Alcuni soldati piantano degli alberelli all’interno di una base a Nagchu. Presto nella zona nascerà una foresta artificiale lassù anche Xi Jinping, ai tempi emergente funzionario di Partito (il padre, comandante della Rivoluzione maoista, aveva interesse e simpatia per il Tibet). Il giovane Xi rimase colpito da quelle lande desolate e durante una riunione politica del 2015 raccontò: «Il governo locale era arrivato a offrire un grosso premio in denaro a chi fosse riuscito a far attecchire un albero, nessuno lo conquistò».
Ora invece il problema sembra risolto. Chi ha visitato la zona riferisce che sono stati piazzati pannelli solari e una rete sotto il suolo per convogliare l’energia prodotta e riscaldare la prateria. Secondo i critici far crescere foreste artificiali a Nagchu comporta il rischio di danneggiare la biodiversità. La fauna è abituata a praterie libere, l’equilibrio tra predatori e predati potrebbe essere sconvolto.
La Cina spende circa 10 miliardi di dollari all’anno per progetti di riforestazione. Nonostante i dubbi scientifici, a Nagchu, quando squadre di militari hanno cominciato a collocare gli abeti, la gente si è riunita lungo la strada. E ora non ci sono più bambini che hanno visto gli alberi solo sui libri di scuola.