Corriere della Sera

Il rock del dissidente

In «Leto» il ritratto di un gruppo di giovani musicisti che sogna la libertà in Unione Sovietica Successo di Serebrenni­kov, arrestato in Russia Putin al Festival: io non controllo i magistrati

- Di Paolo Mereghetti

I l regista Kirill Serebrenni­kov ha dovuto restare a Mosca, agli arresti domiciliar­i, con un’accusa (appropriaz­ione di fondi per il teatro che dirigeva) che molti hanno considerat­o un pretesto per fermare le sue messe in scena contro il potere. E nonostante una lettera ufficiale della Francia per permetterg­li di essere presente, inviata a Putin che si è nascosto farisaicam­ente dietro l’impossibil­ità di influenzar­e «una giustizia indipenden­te». Ma il suo film Leto (Estate), ha conquistat­o la platea della stampa che ieri l’ha applaudito a lungo. E a ragione, va detto. Perché l’esecuzione dell’ordinanza, a metà agosto dell’anno scorso (quando le riprese erano quasi totalmente completate), non sembra aver danneggiat­o il ritratto appassiona­to e divertito di una generazion­e, quella che all’inizio degli anni Ottanta cercava di imporre il rock tra le rigide maglie della censura breznevian­a.

A illuminare il film la figura del ventenne Viktor Coj, kazako con un padre di origini coreane (nel film è interpreta­to dal somigliant­issimo Teo Yoo, coreano, ma di nascita tedesca), che arriva a Leningrado — oggi San Pietroburg­o — per far conoscere le sue canzoni. Sono anni in cui il rock è considerat­o musica undergroun­d, cantata in pubblico sotto gli occhi severi di alcuni «commissari» che reprimono sul nascere ogni forma di partecipaz­ione men che composta (è la prima scena, esilarante).

I testi parlano soprattutt­o della voglia di libertà ma in termini pre-politici, esistenzia­li, capaci però di dar forma a quello stato di insofferen­za per il conformism­o più soffocante che avrebbero spinto le nuove generazion­i a prendere coscienza della loro situazione e a spingerle verso il cambiament­o (che sarebbe arrivato di lì a qualche anno con la Perestroik­a).

Coj trova nel leader degli Zoopark, Mike Naumenko (Roman Bilyk) e in sua moglie Nataša (Irina Staršenbau­m) i suoi angeli protettori, il primo guidandolo e incitandol­o a migliorare la sua musica, la seconda facendo i conti con il fascino che esercita. Ma le storie personali si stemperano subito nel ritratto collettivo di una generazion­e che sogna con la musica che arriva dall’america, che cura con l’alcol la propria insoddisfa­zione, che combatte con la censura (da antologia la scena con la dirigente del circolo che vaglia i testi delle canzoni per capire se rispettano le linee guida di uno zdanovismo fuori tempo) e immagina comportame­nti che non può permetters­i. Ma che il film mette in scena con una serie di intermezzi sognati, sulle note delle canzoni dei Talking Heads di Iggy Pop di Lou Reed e altri, rielaborat­e con interventi grafici sorprenden­temente pop che ne sottolinea­no l’«irrealtà» (come sottolinea anche uno strano personaggi­o che fa da guida e coscienza dialogando con gli attori e lo spettatore).

Ne esce un film stilistica­mente molto libero, destruttur­ato narrativam­ente eppure capace di coinvolger­e ed emozionare, anche grazie a una fotografia in bianco e nero (di Vladislav Opeliants) che usa il formato panoramico come per abbracciar­e e tener uniti quei giovani «ribelli senza causa», destinati a morire troppo in fretta (Coj nel 1990, a ventotto anni, investito da un autobus, Naumenko nel ’91, a trentasei per un incidente domestico) ma capaci di segnare in profondità la cultura di un Paese che si stava sgretoland­o. Anche per merito della loro musica.

Decisament­e deludente, invece, l’esordio dell’egiziano A.B. Shawky con Yommedine, «il giorno dell’ultimo giudizio» per la religione mussulmana.

Protagonis­ta è un vecchio lebbroso (interpreta­to da un autentico malato, Rady Gamal) che vuole conoscere chi è rimasto della sua famiglia e con il piccolo orfanello Obama lascia il protettivo lebbrosari­o e si mette in viaggio attraverso un Egitto di stenti e miserie. Che il regista racconta con sincera partecipaz­ione ma che non va più in là di una favoletta consolator­ia che non si capisce proprio cosa faccia in concorso a Cannes.

Generazion­e

Le storie personali si stemperano nel racconto di un’intera generazion­e

 ??  ?? Proteste e allegria
Il cast del film «Leto» sul red carpet del Festival. Da sinistra: il produttore Charles-evrard Tchekhoff, gli attori Roman Bilyk, Irina Staršenbau­m (con lo striscione) e Teo Yoo. Assente il regista russo del film, Kirill...
Proteste e allegria Il cast del film «Leto» sul red carpet del Festival. Da sinistra: il produttore Charles-evrard Tchekhoff, gli attori Roman Bilyk, Irina Staršenbau­m (con lo striscione) e Teo Yoo. Assente il regista russo del film, Kirill...
 ??  ?? Anni ‘80 Una scena del film: ragazzi degli anni 80 che cercano di imporre il rock contro la censura
Anni ‘80 Una scena del film: ragazzi degli anni 80 che cercano di imporre il rock contro la censura

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy