Ilva, travolto da una fune Muore operaio di 28 anni
Un ancoraggio che salta, un cavo d’acciaio che impazzisce e una vita che si spegne. Così è morto ieri, a Taranto, Angelo Fuggiano, 28 anni, dipendente della ditta Ferplast che si occupa di carpenterie metalliche in appalto dall’ilva. Sostituiva la fune di una delle gru che scaricano i minerali nel reparto Ima (Impianti marittimi) nel quarto sporgente del porto in concessione a Ilva, quando, appunto, è saltato un ancoraggio ed è stato colpito in pieno dal bozzello del cavo d’acciaio. Pur soccorso subito dal 118, non ce l’ha fatta: le ferite riportate erano troppo gravi. La Procura di Taranto ha disposto l’autopsia sul corpo dell’operaio e il sequestro della gru. Con la tragedia di Angelo Fuggiano salgono a otto gli operai morti all’ilva di Taranto dal sequestro dell’area a caldo, avvenuto il 26 luglio del 2012 e, di questi, cinque sotto la gestione commissariale (l’ultimo 20 mesi fa). La gru era ferma da due giorni, come ha poi spiegato l’ilva che ha espresso il suo cordoglio alla famiglia dell’operaio e ha annunciato una indagine interna. La reazione dei sindacati non si è fatta attendere ed è stato proclamato lo sciopero immediato fino a tutto il primo turno di oggi (oltre al fermo contemporaneo in tutti i porti italiani con suono delle sirene per 5 minuti). Nel pomeriggio di ieri sindacati, lavoratori, associazioni e comuni cittadini hanno protestato dinanzi alla Prefettura di Taranto per ribadire che «i problemi di sicurezza all’interno dello stabilimento sono dovuti anche alla mancanza di investimenti per gli impianti». Al punto che, secondo il segretario generale della Uil, Carmelo Barbagallo, «non si tratta di incidenti, ma di omicidi premeditati». E al grido di «assassino, assassino» è stato inseguito da un gruppo di manifestanti il sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, del Pd, all’uscita dal vertice in Prefettura. La colpa? L’annuncio del ritiro del ricorso al Tar contro il Dpcm sul nuovo piano ambientale dell’ilva.