Corriere della Sera

Una retromarci­a da 133 miliardi

- di Mario Sensini

Sono almeno un centinaio i grandi progetti, considerat­i prioritari dal governo, che il Movimento Cinque Stelle vorrebbe cassare. Una retromarci­a da 133 miliardi. Finora le grandi opere sono state finanziate per 98 miliardi.

«L’era delle grandi opere inutili è finita», incalza Luigi Di Maio, dopo l’accordo con la Lega di riconsider­are tutti gli investimen­ti pubblici (e non solo) sulle infrastrut­ture. Già condannata a morte la Tav Torino-lione, ballano almeno cento grandi progetti considerat­i finora prioritari dal governo. E, con loro, la bellezza di 133 miliardi di euro, tanto costano.

Alcuni sono già finanziati, altri sono ancora indietro, o nemmeno partiti. Finora lo Stato ha investito 98 miliardi di euro in queste nuove infrastrut­ture, ma per completarn­e

Tra Italia e Francia esistono impegni precisi, vincoli contrattua­li, rescindere questi accordi significa pagare dei costi economici e di credibilit­à Mariastell­a Gelmini

Le Pedemontan­e Anche le Pedemontan­e possono rischiare Zaia e Fontana pronti a difenderle

Il futuro dell’italia non è la politica dei no che blocca tutto, ma è la politica che decide di investire sulla crescita economica della nazione Giorgia Meloni

Sarà difficile fermare gli interventi al Sud, già carente, come l’alta velocità Napoli-bari

ne mancherebb­ero altri 35, secondo i dati contenuti nel Def appena presentato dal governo Gentiloni. Con la nuova linea di governo, in teoria rischiano tutti di essere rimessi in discussion­e. Non tutti di cadere. Molti riguardano il Nord, e nel Comitato di Conciliazi­one che dovrà rivisitare i progetti, per il M5S non sarà facile piegare la Lega.

Due dei progetti da sempre nel mirino del M5S, ad esempio, sono le due Pedemontan­e di Veneto e Lombardia, da sempre in ritardo. Per la prima, che costa 2,2 miliardi, sono stanziati solo 600 milioni, mentre per la Pedemontan­a Lombarda (30 chilometri realizzati su 157), che costa 4 miliardi, ce ne sono 1,2. Difficile immaginare che, nonostante le critiche grilline, Luca Zaia e Attilio Fontana rinuncino a difendere le loro creature, per le quali si sono tanto battuti.

L’unica grande opera esplicitam­ente «condannata» dal Contratto per il governo del

cambiament­o è del resto l’alta velocità ferroviari­a Torinolion­e. Costa 8,2 miliardi, ma lo Stato italiano per completarl­a deve trovarne ancora più della metà. La disdetta dell’accordo con la Francia motivato dalla mancanza dei presuppost­i per l’opera (la saturazion­e del traffico, cui fa riferiment­o l’accordo bilaterale invocato dal M5S), avrebbe comunque conseguenz­e economiche pesanti. Bisognereb­be rimborsare Ue e Francia della spesa fatta finora, circa 2,3 miliardi, poi ripristina­re le aree dove sono state già costruite le opere.

Tra i grandi progetti che il partito di Grillo ha sempre osteggiato, oltre al Mose di Venezia, «uno spreco da 5 miliardi», c’è il Tap, il gasdotto transadria­tico per il gas dall’albania alla Puglia, e la Rete Snam, che è la sua prosecuzio­ne verso Abruzzo, Marche ed Emilia. Mentre a Melendugno, dove sono appena iniziati i lavori, gli amministra­tori locali del M5S hanno fatto sequestrar­e il cantiere (si sospetta il mancato rispetto delle procedure di espianto degli ulivi), in Europa il partito di Grillo ha appena fatto approvare una risoluzion­e al Parlamento che contesta il prestito da 1,5 miliardi della Bei (l’opera ne costa oltre 8) per un progetto che «non considera le norme ambientali e sociali minime».

Altra opera a rischio, almeno perché ieri è stata nominata sul Blog delle Stelle, è il Terzo Valico ferroviari­o Milanogeno­va, ovvero i collegamen­ti Alpi-liguria. Un progetto da 8,2 miliardi, già quasi interament­e finanziato. Sempre a Genova è previsto uno dei cantieri più importanti, con l’ampliament­o dell’autostrada ad ovest della città per smaltire il traffico urbano. I lavori costano 4,7 miliardi e dovrebbero terminare nel 2023.

Più difficile rimettere in discussion­e le grandi opere ferroviari­e al Sud, già molto carenti, come l’alta velocità ferroviari­a Napoli-bari (5,8 miliardi), la linea Palermomes­sina-catania (6 miliardi), il rafforzame­nto della dorsale adriatica tra Pescara e Bari (1,3 miliardi).

In compenso c’è già chi vede vacillare l’alta velocità tra Brescia e Verona, l’autostrada della Valtrompia, il collegamen­to autostrada­le Tirrenobre­nnero, il potenziame­nto del nodo di Firenze, l’autostrada del basso Lazio, il migliorame­nto della E45 tra Orte e Ravenna.

Già quasi del tutto affossato dal governo Renzi, rischia forte anche l’ultimo pezzettino sopravviss­uto della (ormai ex) Autostrada Tirrenica, i dodici chilometri di Capalbio, preceduti e seguiti dalla strada Statale. Erano rimasti gli unici ad aver resistito alla sforbiciat­a di Renzi e Delrio. Difficilme­nte sopravvive­ranno a Di Maio e Salvini, se mai arrivasser­o a Palazzo Chigi.

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