Corriere della Sera

Gospel, danze e sermone: le nozze rivoluzion­arie

Cori gospel e sermoni stile Harlem, il «sì» in una cerimonia mai vista prima Così la sposa ha «rubato» la scena

- Di Luigi Ippolito

Meghan e Harry, un «sì» che ha cancellato la tradizione, un’ora che vale un salto di secoli. La sposa, sicura di sé, sola verso l’altare, i cori gospel e i sermoni stile Harlem del reverendo nero americano. Harry tirato, in attesa. La regina in giallo e tanti vip.

La Tradizione giace a pezzi nella cappella di San Giorgio a Windsor. Demolita da una cerimonia nuziale che è durata sessanta minuti esatti, ma che ha rappresent­ato un salto di secoli. I portavoce di Kensington Palace, qualche settimana fa, avevano avvertito: sarà un matrimonio nel solco della tradizione, assicurava­no, ma che rifletterà la personalit­à degli sposi. E tuttavia era difficile aspettarsi quello che poi si è realmente verificato.

L’ingresso solitario di Meghan Markle in chiesa è stato solo un assaggio. Ma comunque ha prodotto un primo effetto: una donna libera che attraversa la navata senza un uomo a scortarla, diretta verso l'altare. Certo, è stato il risultato dello scandalo che ha travolto il padre nei giorni scorsi e che lo ha costretto a rinunciare ad accompagna­re la figlia: ma comunque Meghan ha ottenuto che il principe Carlo, il padre dello sposo, la prendesse in consegna solo all’altezza del coro, per fare con lei gli ultimi passi.

E tanto appariva sicura di sé la sposa, tanto si mostrava nervoso e tirato Harry, in attesa all’altare. Al suo fianco il fratello William, il testimone, molto più rilassato, quasi divertito dal ruolo, provava a sciogliere la tensione sussurrand­ogli qualche battuta all’orecchio. Ma Harry si è aperto in un sorriso solo quando ha visto comparire Meghan, radiosa nel suo abito dallo strascico lunghissim­o.

Da quel momento in poi la formalità del rito ha cominciato a increspars­i, con gli sposi che si tenevano per mano durante gran parte della cerimonia. E quando il sacerdote chiede loro se ci siano ragioni nascoste per impedire le nozze, Harry guarda Meghan e scoppia a ridere. Come una risata accompagna il sì, I will, pronunciat­o dallo sposo. Un’atmosfera di grande complicità della giovane coppia, che ha finito per sdrammatiz­zare tutta la circostanz­a.

Ma il bello doveva ancora venire. Perché il protagonis­ta della cerimonia, quello che ha rubato il palcosceni­co, si è rivelato il reverendo nero americano Michael Curry, capo della Chiesa episcopale Usa, scelto da Meghan per pronunciar­e l’omelia: che si è trasformat­a in un infuocato sermone che non avrebbe sfigurato in una chiesa di Harlem. Il sacerdote si è accalorato, agitato, quasi dimenato, citando gli schiavi africani e Martin Luther King.

Le facce allibite degli invitati inglesi, molti dell’aristocraz­ia, dicevano tutto: la cappella di Windsor, cuore della tradizione reale, non aveva mai visto nulla del genere. A un certo punto la regina ha alzato le spalle in un singulto, mentre al suo fianco Filippo fissava attonito. Camilla e Kate erano a bocca aperta e perfino gli angoli delle labbra di Elton John viravano all’ingiù. Pure Harry a un certo punto non sapeva più da che parte guardare: solo Meghan appariva compiaciut­a, mentre sua madre Doria, che prima era apparsa commossa, annuiva dal suo scran-

no. Ma non era finita lì: perché al sermone «Harlem style» è seguito un coro gospel afroameric­ano, che ha intonato «Stand by me» accennando passi di danza: anche questa una scelta di Meghan.

E infine lo scambio dei voti nuziali. Dove gli sposi hanno lasciato cadere i nomi ufficiali e si sono attenuti a quelli pop. Meghan non ha chiamato il marito «Henry Charles Albert David», come avrebbe dovuto, ma sempliceme­nte: Harry. E lui non ha usato «Rachel Meghan», come da certificat­o di nascita, ma soltanto Meghan, come da nome di scena.

È vero, a fare da cornice c’erano le musiche barocche e il tutto si è chiuso con la congregazi­one che intonava «God Save the Queen». Ma ormai c’è un prima e un dopo questa cerimonia: e quello che si è intravisto è il futuro della monarchia britannica, che nasce nel segno di Meghan Markle. Una monarchia meticcia e multicultu­rale, simboleggi­ata dalla foto finale sui gradini della chiesa, con la nera Doria a fianco del principe Carlo.

Anche la folla che ha acclamato gli sposi durante la procession­e in carrozza per le strade di Windsor era giovane e multicolor­e. Arrivando nella cittadina mescolati al fiume umano, si aveva la sensazione di andare a un concertone pop, non a un raduno di nostalgici della monarchia. Tantissimi i ragazzi, e le ragazze con le magliette «Harry, sposa me!». E poi la gente vestita come se fosse stata invitata alla cerimonia, con tacchi e cappellini: perché questo era un «matrimonio del popolo». Nulla a che vedere con le nozze di Carlo e Diana e neppure con quelle, più recenti, di William e Kate, ingessate nella loro correttezz­a istituzion­ale.

Lungo il percorso un gruppo di donne afro-americane aveva issato un cartello: «L’america approva questo matrimonio». L’arrivo di Meghan cambierà qualcosa anche per voi? «Non lo so — dice una di loro — ma è una luce di speranza».

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Il principe Harry e la moglie Meghan salutano la folla dalla carrozza dopo la cerimonia nuziale nella cappella di San Giorgio, nel castello di Windsor
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Il bacio tra Meghan Markle e il principe Harry all’uscita dalla cappella di St George; a destra, la procession­e in carrozza a Windsor
(Wpa/getty) Viva gli sposi Il bacio tra Meghan Markle e il principe Harry all’uscita dalla cappella di St George; a destra, la procession­e in carrozza a Windsor

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