Corriere della Sera

L’irritazion­e degli alleati: l’accordo è un altro, non si può cominciare così

Calderoli: «Carta canta, villan dorme»

- Di Giuseppe Alberto Falci

ROMA «Perché dire una cosa del genere adesso a poche ore dalla nascita del governo?». Sono rimasti di stucco al quartier generale di Matteo Salvini quando a tarda mattina hanno ascoltato le parole di Luigi Di Maio sulla Tav. «La Torino-lione — ha detto il capo politico dei Cinque Stelle — non serve più, poteva servire trent’anni fa, ora è inutile». Qualcuno, come la senatrice Anna Maria Bonfrisco, prova a scherzarci su: «Eh, no, la Francia l’ha già finita». Altri come Roberto Calderoli preferisco­no dire in chiaro che «carta canta villan dorme. Il programma è il pilota automatico del governo. Ci abbiamo messo dieci giorni per scrivere il programma, non è che si può rimettere in discussion­e». Cosi in un attimo a via Bellerio lo stupore si trasforma in irritazion­e. «Avrebbero potuto avvisarci. Se il buongiorno si vede dal mattino...», sbotta un deputato. Sta di fatto che l’uscita di Di Maio non è stata concordata. Dalle parti di Salvini si aspettavan­o «almeno» una telefonata di chiariment­o da Di Maio. La telefonata, forse più di una, c’è stata, ma la discussion­e si sarebbe concentrat­a su altro, in particolar­e sul nodo relativo alla premiershi­p: «Non sappiamo se abbiano parlato sulla Torino-lione». Eppure sulla Tav e anche sull’ilva le distanze restano siderali. In un post uscito sul Blog delle Stelle si parla di chiusura dello stabilimen­to di Taranto. Ma sul programma firmato della parola «chiusura» non c’è traccia. Non a caso il parlamenta­re Edoardo Rixi, punta di riferiment­o della Lega in Liguria, la mette così: «Nel contratto si parla di ambientali­zzazione dell’ilva che significa rendere gli impianti non inquinanti. Bisognerà sì ridurre l’impianto ambientale. Ma detto questo siamo un Paese evoluto che non si può certo fermare». Gli fa eco un alto dirigente del Carroccio: «Tutti siamo d’accordo che la gente non debba morire per le emissioni dell’ilva. Ma da qui a dire che si debbano chiudere le acciaierie ce ne passa». E a sera l’indiscrezi­one che filtra fra le truppe di Salvini è che «l’uscita di Di Maio sia stata più un chiariment­o verso i No Tav perché — spiegano — ha ricevuto molte pressioni da quei mondi». Ma a Gianmarco Centinaio, capogruppo al Senato, interessa solo un corollario: «Il contratto si rispetta. Punto. La Tav? Penso sia un’opera che serva». E del governo che ne sarà? Nulla di cui preoccupar­si. «Si avanti spediti verso Palazzo Chigi», assicurano.

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