Corriere della Sera

I due professori in pole per la premiershi­p Le altre carte dei 5 Stelle

Cinque nomi del Movimento, ma Di Maio spera ancora

- Di Emanuele Buzzi e Marco Cremonesi

MILANO L’ultimo scoglio sembra il più arduo. Per conoscere come andrà a finire bisognerà attendere ancora qualche ora, con l’incontro — probabilme­nte domani a Roma — tra Luigi Di Maio re Matteo Salvini. In pole position rimangono i nomi di Andrea Roventini e Giuseppe Conte, che corrispond­ono perfettame­nte a quell’identikit dipinto dai leghisti di una figura «non iscritta» ai Cinque Stelle.

Ma sul tavolo della trattativa, in realtà, ci sarebbero seppure sottotracc­ia altri due-tre nomi (i rumors rispolvera­no Riccardo Fraccaro — sempre con Di Maio negli ultimi giorni — e Vincenzo Spadafora, indicato però anche per il ruolo di sottosegre­tario alla presidenza del Consiglio), tenuti al momento in seconda fila perché soluzioni targate espressame­nte M5S. «Insisterem­o fino all’ultimo per una soluzione interna», dicono i pentastell­ati, facendo però anche capire di non essere disposti a «rischiare di incrinare il progetto». L’ombra sullo sfondo, tuttavia, rimane quella di Di Maio, che continua a preoccupar­e Salvini.

In Lega gli umori non sono scintillan­ti. A rovinare il successo della prima giornata di gazebo sono le notizie che arrivano alle orecchie dei salviniani. E cioè, che gli stellati non abbiano affatto rinunciato alla candidatur­a a premier di Di Maio: «Sostengono che sia nella grammatica della politica che il premier appartenga al partito maggiore del contratto — racconta un deputato salviniano -. Dimentican­do che, se si arriverà al governo, è stato stringendo un patto dopo l’altro. È questo che ci ha portato fino a qui. Ma se viene meno un pilastro, l’architrave crolla».

A irritare ulteriorme­nte gli uomini del segretario leghista, il fatto che gli stellati attribuisc­ano il nome del professor Giuseppe Conte proprio alla Lega: «Non riconoscer­lo come proprio è soltanto un altro modo per spingere su Di Maio». A dispetto del fatto che Salvini, anche ieri, abbia ribadito la posizione di sempre: «Né io né Di Maio, mi sembra che fosse chiaro fin dall’inizio». Ma Salvini terrebbe la posizione anche al Quirinale qualora gli fosse detto che l’impuntatur­a sul nome rischia di mandare a monte il voto del 4 marzo e 75 giorni di faticoso avviciname­nto? I leghisti sono assolutame­nte convinti di sì.

In ogni caso, solo una volta che sarà risolta oggi la questione del presidente del Consiglio, si potrà anche archiviare il domino dei ministeri. «Lo schema è chiaro ed è già pronto, tranne qualche dettaglio», dicono i Cinque Stelle. E ancora: «Non si tratta di poltrone, a noi interessa dar vita a uno schema equilibrat­o che possa portare agli obiettivi che abbiamo fissato nel contratto».

E lo «schema» pian piano sta definendo la sua forma. Alla Lega dovrebbero andare Sviluppo Economico, Interno, Agricoltur­a e Turismo. I nomi che circolano per i dicasteri sono quelli di Lorenzo Fontana, Matteo Salvini, Nicola Molteni e Marco Centinaio. Per i Cinque Stelle invece prende quota l’ipotesi Lavoro, Sanità, Cultura e Giustizia. I pentastell­ati che sono indicati per un dicastero sono — oltre a quelli già citati — Laura Castelli, Giulia Grillo e Alfonso Bonafede. Per gli esteri resta l’opzione Giampiero Massolo mentre è ancora incerta la casella dell’economia, con Giancarlo Giorgetti pronto a rivendicar­e il ministero. L’alternativ­a resta quella di un tecnico.

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Docente Giuseppe Conte, 54 anni, insegna Diritto privato Economista Andrea Roventini, 41 anni, insegna alla S. Anna di Pisa

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